"Tropico del Capricorno" di Henry Miller


"Per mille anni saranno forse tutti dementi, lavoratori e poeti, e tutto ricadrà in rovina come è già successo innumerevoli volte. Altri mille anni o cinquemila, o diecimila, e proprio dove sto io adesso a guardare la scena, un bambino aprirà un libro in una lingua mai sentita sinora, su questa vita che adesso scorre, una vita che l'autore del libro non ha mai provato, una vita do forma e di ritmo dedotti, col principio e la fine e il bambino chiudendo il libro penserà fra sé che grande razza gli americani, che vita meravigliosa un tempo su questo continente, che adesso abita lui. Ma nessuna razza a venire, tranne forse la razza dei poeti ciechi, riuscirà a immaginare il caos brulicante di cui era composto ciò che sarà la storia futura."

"La Dormeuse", T. de Lempicka


Capita a volte di non vedere l'ora di finire un libro, ma non per quanto ci sia piaciuto, né per l'esatto contrario.
Quella di "Tropico del Capricorno" è stata una lettura difficile, incomprensibile, di rivelazione, a tappe noioso, fantasioso, dal linguaggio fin troppo franco ma al tempo stesso insito di infantilismo. Di verità, libertà ma anche trasgressione e ribellione. La confusione.
Una confusione che interrompe la lettura, disturbando gli occhi e la mente. Ma la confusione, come dice l'autore, "non è soltanto una parola inventata per indicare un ordine che non si capisce?"

Henry Valentine Miller ( 1891-1980 ), fu uno scrittore americano dalla vita e dai rapporti amorosi disordinati; vissuto come un esiliato, visto dal mondo come un grande scrittore, o qualcosa di meno, o come una "Cassandra", sempre in rifiuto delle norme e delle convenzioni della società.
"Tropico del Capricorno" fu scritto nel 1939, nella villa Seurat di Parigi; l'opera più importante e rilevante di Miller, seguito di quel "Tropico del Cancro".
Una letteratura nordamericana già svecchiata dagli insegnamenti di Hemingway e Faulkner, più d'avanguardia, attenendosi al modello di David Lawrence, con motivi surrealisti e dadaisti. Se si volesse accostare il romanzo ad una opera artistica, questa sarebbe "La Fontana" di Marcel Duchamp ( 1888- 1968 ) : dissacrante.


Ambientato nella New York dei primi anni venti, è un romanzo semiautobiografico, dove il narratore, lo stesso Miller, racconta delle sue prime esperienze lavorative nella immaginaria compagnia telegrafica Cosmodemonic Telegraph Company come direttore del personale.
Esperienze lavorative unite a quelle erotiche, particolareggiate e descritte usando un linguaggio gergale e spontaneo.
Tutto in una New York diversa da quella mitizzata dai ruggenti anni '20 sfavillante e cosmopolita; qui nuda, "senza pace, rifugio o intimità", una New York di derelitti, arabi, ebrei, delinquenti, italiani, prostitute, tedeschi, operai e dirigenti come vuoti, disadattati, prodotti esclusivi di quel meccanismo americano logoro e incessante.
Una strana catarsi porta il protagonista verso il mondo della scrittura, verso la libertà di potersi riconoscere secondo il proprio essere e inclinazioni, allo scoperto dei sentimenti. Ne esce fuori fra tante donne appena abbozzate, anche l'immagine di un ideale di donna a lungo vagheggiata ed amata. Per il resto sono ricordi di infanzia e adolescenza, ritratti di parenti ed amici, di vite sordide negli squallidi sobborghi di Brooklyn e riflessioni, elucubrazioni surrealiste poco chiare e contraddittorie, seguendo un flusso di coscienza complicato ed inutile ai fini narrativi.

Henry Miller


Pubblicato nel 1939 in Francia, anno della Seconda Guerra Mondiale, l'uscita tuttavia venne vietata e bandita in America per ben ventidue anni con l'accusa di oscenità e amoralità.
Soltanto nel 1961 vide la luce nel continente, dove una sentenza del Dipartimento di Giustizia sollevò autore e libro dall'accusa. In realtà lo scandalo non era rappresentato dalle numerose scene di amplessi, quanto nella sferzante demolizione sociale, politica ed economica degli Stati Uniti.
Un "J'accuse" che avrebbe minato quella figura di nazione moderna, pudica e libera, proprio alle soglie della guerra, anche perché nel precedente libro Miller aveva di contro esaltato la vitalità, la giovinezza europea.
Una America smascherata dalle sue suppellettili ed abbellimenti, metropoli che aveva fallito nella convivenza fra le diverse culture e nelle promesse mai rispettate. Una visione che tanto piacque a George Orwell ( 1903-1950 ).

"L'America pacifista e cannibalesca. Dal di fuori sembra un bel'alveare, con tutte le api che si scavalcano in una frenesia di lavoro; ma di dentro è un macello, e ciascuno uccide il suo prossimo e gli succhia il midollo delle ossa [...] Tutto il continente è addormentato e in quel sonno si svolge un grandioso incubo."

Il sesso è un'altra tematica che prende buona parte del romanzo, visto come parte integrante nell'esistenza umana e perciò descritto anch'esso nella sua più cruda realtà.
"Tropico del Capricorno" è un romanzo da leggere a piccole dosi, o da non leggere se si è portati per letture edificanti; la letteratura di Miller segna quel conflitto tra idealismo e materialismo, isolamento e solitudine, e dell'ancor lontano sogno americano.

"Lasciami marcire nello splendore mentre il sole ti scoppia nell'utero, credo tutte le tue bugie, implicitamente. Ti prendo come personificazione del male, come distruttrice dell'anima, come Maharami della notte. Inchioda il tuo utero al mio muro, sì che posso ricordarti. Dobbiamo andare. Domani, domani..."






M.P.



Libro:
"Tropico del Capricorno", H. Miller, Oscar Mondadori 2007

Commenti

  1. Questo libro mi ha sempre attratto e respinto. È tra i miei scaffali da tempo imprecisato, preso a prestito dalla raccolta di mia madre, non ho mai avuto il coraggio di aprirlo. E probabilmente non tanto per la sua densità di immaginario (da quello che so, il linguaggio e crudo e non si risparmia nulla), ma perché è un libro che richiede una concentrazione e uno sforzo di "andare oltre" da parte del lettore, da non sottovalutare. Sono sicura che mi verrà a reclamare lui quando sarà il momento.

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    1. Pur non avendolo mai letto hai capito di cosa si tratterebbe, ci vuole veramente "uno sforzo di andare oltre". Anche io avevo questo libro già dal 2007 e mi sono decisa nella lettura solo questo anno ma non lo rileggerei, occupa veramente molto tempo.

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  2. Contiene molte pagine incomprensibili e questo per un lettore è insopportabile. Brani "...che io autore rileggendoli ne resto sorpreso non meno di quanto lo sarà il lettore" (H.Miller). Ma più che sorpresi si resta contrariati. Sbotti e dici: "...ma che cavolo scrive questo qui?!"
    Però ti puoi imbattere anche in una pura poesia: "Che bella notte! Le stelle brillano così lucide, così serene, così remote. Non proprio a canzonarmi, ma a ricordarmi la futilità del tutto. Chi sei tu, giovanotto, da parlare della terra, di far saltare ogni cosa? Giovanotto, noi siamo qui appese da milioni e miliardi di anni. Abbiamo visto tutto, ogni cosa, ed ancora brilliamo pacifiche ogni notte, illuminiamo la via, plachiamo il cuore. Guardati intorno, giovanotto, vedi come ogni cosa è quieta e bella? Vedi, anche la spazzatura nel fossetto pare bella a questa luce." (Pag. 227, Economica Feltrinelli 1981)
    Domenico Mainiero

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