"La Morte di Ivan Il'ič" di Lev Tolstoj


"In loro vedeva se stesso, tutto quello di cui aveva vissuto, e vedeva chiaramente che era tutto sbagliato, era un orribile enorme inganno che nascondeva la vita e la morte."

Lev Tolstoj

La morte ha avuto, nell'esistenza umana, sempre un aspetto estremamente importante nella sua forma lontana nell'immaginario. Sono stati scritti libri su di lei (in alcuni è anche protagonista), saggi filosofici, medico-fisiologici, scientifici, più o meno religiosi, quantità di frasi, battute ironiche di questo scrittore o quell'attore, volte ad esorcizzarla ma, beffardamente, tanto più avviciniamo la morte alla nostra realtà quotidiana, tanto più cerchiamo disperatamente di relegarla nelle cose da censurare, in quelle che non si possono nominare perché non sta bene, o portano sfortuna o ancora riescono a creare momenti di imbarazzo totale.
È difficile, per noi, guardare alla morte senza paure, sapere che di noi, prima o poi, non ci sarà più nulla, dare un  possibile senso ad essa.
Tolstoj, invece, con "La Morte di Ivan Il'ič" epura la morte da ogni finzione, allontanandola dal perbenismo borghese e restituendole la sua dimensione semplice, naturale nel processo evolutivo e ancor di più, eguagliarla simbolicamente ad una rinascita.
Il motivo di questa lettura  mi è stato dato dopo aver letto l'ultimo saggio letterario di Paolo Di Paolo "Vite che sono la tua. Il bello dei romanzi in 27 storie", dove mi aveva colpito la vicenda di questo protagonista che nell'incipit già si trova morto e poi, con un gioco dell'autore, andare a ritroso, narrando ciò che era stato in vita.
"La Morte di Ivan Il'ič" fu pubblicato nel 1886, otto anni dopo "Anna Karenina" ed è l'opera che coincide perfettamente con il suo periodo di conversione alla fede cattolica (fine anni '70, inizio '80).
Lev Tolstoj (1828-1910) fu un uomo che più che stare al passo con i tempi, li precorreva: non era il classico scrittore "da scrivania" (come mi ha raccontato una persona appassionata dell'autore in uno scambio di battute), Tolstoj era attivo in molte questioni sociali che affioravano nella Russia retrograda di quel tempo (pena di morte, persecuzioni religiose, l'arretratezza culturale) che divenivano vere e proprie lotte che certo dovevano costargli non poche critiche. Ma anche sul piano personale Tolstoj era attanagliato da travagli interiori; da proprietario terriero amava la terra e gli animali, tale da divenire con gli anni vegetariano, in un mondo che ancora non conosceva il significato di questa parola.
"La Morte di Ivan Il'ič" rientra pienamente in questa sua personalità stravagante e pioniera; fra le sue opere più sentite, dove poteva infondere il suo insegnamento.


La vicenda ambientata nell'impero russo, nella seconda metà del XIX secolo, si apre con la messa funebre del trapassato Ivan Il'ič Golovin, alto giudice della Corte d'Appello, a cui presenziano la famiglia e gli amici, imbarazzati per un sentimento di completa indifferenza che non riescono a dissimulare e presi da un formale contegno dovuto solo alla rispettabilità della propria posizione borghese e non per compassione del defunto.
Ivan Il'ič è un uomo che ha vissuto una esistenza nel modo "più semplice e comune" possibile.
Proveniente da una famiglia relativamente abbiente, intelligente ed allegro, Ivan Il'ič fa la sua scalata sociale, tassello dopo tassello, arrivando ad un invidiabile status ma sempre conducendo una vita di rettitudine, onestà che lo rendono stimato e rispettato anche dai ceti più alti. Si sposa per consolidare la sua ascesa con una ragazza di buona famiglia che gli dà due figli. Il matrimonio, inizialmente felice ed unito, si rivela con gli anni complicato e segnato da continui litigi e dissapori ma Ivan Il'ič si rifugia ancor di più nella carriera e all'inseguimento continuo di nuovi progetti ed idee.
Finché un giorno, per un banale incidente domestico, Ivan Il'ič  si ammala gravemente: nessun riposo, nessuna cura possono salvarlo da una morte ormai imminente.
Ribellandosi ad una fine per lui ingiusta dopo una vita passata nel lavoro, Ivan Il'ič , in seguito, comincia a capire e a ridimensionare la scala dei suoi valori.


Con un colpo geniale da gran narratore, Tolstoj descrive la vita del suo personaggio piuttosto banalmente, in modo ordinario, non molto entusiasmante: una vita che fila via retta, senza picchi di tragicità né di euforia, perché è nell'ultima parte, nel finale, che l'autore opera al dramma.
La morte è un processo lungo per Ivan Il'ič , contraddistinto da malesseri, dolori fisici che si fondono a quelli morali e nella riflessione della propria condotta e di quella degli altri.
Per quelli che rimangono, la malattia e la morte di Ivan Il'ič viene seguita con indifferenza e anzi, proprio come ostacolo al proseguo della normale quotidianità. Solo a Ivan Il'ič è dato sapere il significato della morte, dell'accettazione di questa, per poi sorprendersi in una epifania che gli rivela tutto l'egoismo per cui ha vissuto: si spoglia in un attimo dei valori borghesi, il lavoro, il denaro, l'importanza sociale, le formalità e abbracciando la morte, tutte questi bei orpelli si dissolvono per lasciar spazio alla luce e ad una rinascita a cui l'autore crede con fede.
Si potrebbe pensare che questo libro parli unicamente di morte, ma non è così. Tolstoj ci sta sottilmente indicando, in un monito, come una vita, la vera vita, debba essere vissuta pienamente: risaltando le cose che veramente contano in essa, l'amore e l'energia spesa a favore del prossimo.



M.P.





Libro:

"La Morte di Ivan Il'ič", L. Tolstoj, Feltrinelli

Commenti

  1. Un racconto fulminante, amaro, grottesco ma estremamente realistico, perché condotto con un'ammirevole cura psicologica e sociologica. Un Tolstoj su cui non si può glissare.

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    1. No, assolutamente. Non ha la corposità della Karenina o di "Guerra e Pace" ma è un testo profondissimo.

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  2. Ciao Michela, ho apprezzato molto questa recensione. Amo Tolstoj, la sua scrittura monumentale, inarrivabile di cui Anna Karenina è l'esempio più lampante. La morte di Ivan Il'ic ha una visone della vita e della morte di rara profondità. Complimenti per la recensione

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    1. Grazie mille Rosalia, hai scritto proprio bene, è un testo di una grandezza rara.

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