"Mandami tanta Vita" di Paolo Di Paolo


Era il tempo delle lettere. Planavano come stormi sopra le città di mattina presto. Le buste si bagnavano di pioggia e poi si gonfiavano, fino a diventare scrigni. [...] La vita era anche questo - scrivere lettere, aspettarle.




Con la lettura, lo scorso anno, di "Vite che sono latua. Il bello dei romanzi in 27 storie", posso dire di essermi ritrovata nello stile e nel modo di raccontare di Paolo Di Paolo; ho apprezzato il suo porsi davanti a tanti romanzi citati nell'antologia esponendo la sua persona, il suo "io lettore" prima ancora "dell'io scrittore", con un amore per la letteratura e le parole, tali che ho acquistato alcune delle opere nominate e comprato questo libro, a detta di molti, il più stimato dello scrittore.
"Mandami tanta Vita" è stato pubblicato nel 2013 e successivamente candidato al Premio Strega.
L'impianto narrativo del testo non ha nulla di usuale ma possiede l'originalità di presentare due vite, fra di loro sconosciute, che procedono parallelamente, per poi scontrarsi accidentalmente per pochi istanti, e riprendere infine il proprio cammino ma non più uguale a prima.
Una di queste vite, che di Paolo prende in prestito dalla nostra storia, è quella di Piero Gobetti (1901-1926), giovane intellettuale ed editore, oppositore al fascismo in cui vedeva l'incarnazione di tutte le insufficienze della nazione e lo combatté  nelle sue radici, con un'intransigenza che gli costò vessazioni morali e fisiche, in seguito alle quali andò esule in Francia, dove morì dopo pochi giorni a nemmeno venticinque anni.
Il libro è per questo ambientato nel 1926, tra Torino e Parigi, a metà tra racconto e romanzo psicologico.


Moraldo, studente universitario della Facoltà di Lettere, è un giovane schivo ed introverso, che arrivato ai ventiquattro anni d'età sente di non aver concluso nulla di veramente importante nella sua vita; pur nella sua ancora giovinezza, avverte un senso di insicurezza e inadeguatezza nella propria persona, in un mondo dove, apparentemente, gli altri sono sicuri e coerenti.
Nella Facoltà conosce un ragazzo pallido dai capelli ricci, Piero, scrittore ed editore di una piccola rivista; lui è il suo esatto contrario: spavaldo, ribelle ed intellettualmente attivo.
Moraldo comincia ad ammirare il giovane e ripetutamente gli scrive alcune lettere per poter collaborare come illustratore nella rivista ma nessuna di queste trova risposta.
Nel frattempo parte per Torino per una sessione di esami ma con uno scambio di valigie incontra Carlotta, una fotografa.
Si infatua perdutamente di lei tanto che il pensiero di Piero viene nascosto dall'immagine della ragazza e arriva a seguirla a Parigi.
Anche Piero intanto è giunto nella capitale francese, lasciando in patria l'amata Ada e il figlio appena nato. È in cerca di una nuova casa e una sede per rifondare la rivista; in fuga dal caos di un'Italia soggiogata dalla dittatura, violenze, censure e silenzi che egli squarcia nelle sue lettere e pensieri con il potere delle idee, delle parole e dell'amore profondo per Ada.
In una calda mattina di febbraio, i due si incontrano casualmente in un parco: Piero malato e Moraldo da poco piantata in asso da Carlotta.
Pur riconoscendolo, quest'ultimo non può far altro che scambiare qualche battuta di cortesia ma ormai libero da altri pensieri tornerà a cercarlo.

La lettura di "Mandami tanta vita" è stata tra le più belle che ho intrapreso di uno scrittore italiano contemporaneo; vi ho trovato molta sensibilità ed accuratezza nella narrazione, molta profondità nelle riflessioni espresse da Piero.
Piero Gobetti era una figura che conoscevo in relazione a Matteotti e Gramsci ma non interamente la sua vicenda, oggi andata completamente persa. Di Paolo presenta l'intellettuale, lo scrittore, il ribelle, l'idealista eppure il ritratto più convincente è quello umano, di un giovane uomo con le sue debolezze, i crolli emotivi, il dolore per l'ineluttabilità del tempo che vince sulle miserie umane, così che l'autore rende un Piero più vicino a noi, moderno.
Il passato, in fondo, è un po' come lo descriveva Anna Banti, non dalle barbe lunghe e pensieri astrusi bensì giovane e chimerico.
Il personaggio di Piero è qui posto maggiormente per "ridestare" il protagonista Moraldo, volgergli la coscienza all'importanza del momento storico, renderlo partecipe di un qualcosa di più grande della quotidianità, anche dei fallimenti, dei dubbi, degli amori sfortunati: è la vita che si affaccia a Moraldo, quando persa la giovinezza ne scopriamo l'inevitabilità delle cose, l'inafferrabilità di altre, ben consci che ciò che perdiamo è anche nostro.

Adesso che l'impiegato batte forte il timbro sull'affrancatura, vorrebbe dirgli Mi scusi, devo fermarla, avrei una frase da aggiungere, è una frase che mi è tornata in mente adesso, l'ho scritta una volta sola, è passato qualche anno, ma l'ho pensata spesso, l'ho pensata sempre, era per la mia fidanzata, che adesso è mia moglie e la madre di mio figlio, se ricordo bene diceva così: Una lettera di Didì è la vita sai?Quindi mandami tanta vita.



M.P.







Libro:

"Mandami tanta vita", P. Di Paolo, Feltrinelli

Commenti