"Quel che resta del giorno" di Kazuo Ishiguro


<<L'intera questione è molto simile a quella che nel corso degli anni ha provocato un acceso dibattito all'interno della nostra categoria professionale: che cos'è che fa grande un maggiordomo?>>

"Quel che resta del giorno" (1993), James Ivory

Questo romanzo è rimasto per almeno due anni relegato in quella parte di libreria dove sono collocati tutti quei libri in attesa di essere letti.
Due anni in cui mi sono bloccata nell'intraprendere la sua lettura a causa di quel nome, dell'autore, che poco si confaceva a me, tremendamente ignorante di cultura orientale, e solamente una curiosità più pressante e il mio disaccordo verso le recenti assegnazioni degli ultimi premi Nobel per la letteratura, mi hanno riportato a questo libro.
Fra le cose belle che possono capitare ad un lettore c'è anche quello di ricredersi su una tale opera, e questa lettura è stata fra le più toccanti a cui mi sono dedicata. Ho apprezzato la prosa "pazientemente" elegante di Ishiguro e la sua storia narrata con tanta singolarità.
Kazuo Ishiguro (1954) è fra gli scrittori più influenti sullo scenario culturale inglese: nato in Giappone ma cresciuto in Inghilterra, ha vinto numerosi premi e riconoscimenti; una carriera notevole coronata nel 2017 con il Nobel.
"Quel che resta del giorno" (insieme a "Non lasciarmi mai andare" del 2005) è il capolavoro della sua narrativa, pubblicato nel 1989 e che gli valse lo stesso anno il "Man Booker Prize" mentre nel 2007 il Guardian lo incluse  nell'elenco dei "libri senza i quali non puoi vivere". Nel 1993 il regista James Ivory ne trasse una trasposizione cinematografica con Anthony Hopkins e Emma Thompson.
Ambientato nell'Inghilterra del 1956, quest'opera di grande successo, è scritta sotto forma di un diario di viaggio dal suo narratore e protagonista Mr Stevens, un vecchio maggiordomo ultimo sopravvissuto di un'era di grandezza e gloria ormai persa. Attraverso le vicissitudini incontrate durante il viaggio e una libertà prima d'ora mai provata, avrà modo di rivolgere, un'ultima volta, uno sguardo al passato, fra soddisfazioni e nostalgie, ricercandone gli effetti sul suo presente.


Mr Stevens, maggiordomo vecchio stile, presta il suo servizio presso una grande ex tenuta nobiliare inglese, Darlington Hall. Il nuovo proprietario, Mr Ferraday, è un ricco e vivace imprenditore americano che ha acquistato la casa dopo la morte del precedente inquilino, Lord Darlington, quest'ultimo datore di lavoro per ben trentaquattro anni di Mr Stevens.
Il passaggio di proprietà crea al maggiordomo qualche imbarazzo, sia per l'aperta confidenza che Mr Ferraday gli concede (a cui non è abituato), sia per la modernità dei tempi, a cui il suo corpo non più agile non riesce a stare al passo.
Un pomeriggio Ferraday offre al maggiordomo una settimana di vacanza, la prima che può godere. Stevens è ben contento di accettare, soprattutto per l'eventualità di poter incontrare di nuovo un'amica, miss Kenton, governante di Darlington Hall che ha lasciato l'occupazione vent'anni prima per potersi sposare e andare a vivere con il marito in Cornovaglia.
Anzi Stevens vede questo viaggio come una missione: infatti nell'ultima lettera inviatagli proprio da miss Kenton (ora Mrs Benn), tracce di malinconia gli suggeriscono che la donna sarebbe disposta a ritornare a riprendere il suo posto, vista anche l'infelicità che rivela del suo matrimonio.
Con in mano una guida turistica d'annata e a bordo della Ford di Ferraday, Mr Stevens visita alcuni villaggi che si affacciano lungo la costa occidentale del paese, raccogliendo nel suo diario impressioni e pensieri su panorami e volti, chiacchiere con la gente del posto e nel frattempo gli si presenta davanti una realtà che prima si era sempre negato.
Il diario si arricchisce di riflessioni sulla vita, la sua carriera, su cosa rende davvero grande un maggiordomo e dove possa risiedere la dignità.
Eppure sono i ricordi a smuovere la sua coscienza: la sua vita interamente  spesa nell'osservanza dei principi di onore e fedeltà verso Lord Darlington, (un gentiluomo con tutte le qualità possibili, vittima di vili pettegolezzi sulla sua ambigua amicizia con rappresentanti nazisti), il rapporto gentile con miss Kenton, i suoi trionfi, quando Darlington Hall era la più celebre dimora in tutta l'Inghilterra, dove l'alta società amava radunarsi. Ma il tempo ha portato via con sé il meglio di quel mondo e dei suoi anni migliori.

"Quel che resta del giorno" è sempre presentato come il romanzo "più inglese" di Ishiguro eppure  a parte il contesto e l'ambientazione che indicano la sua profonda conoscenza della cultura britannica, il suo stile narrativo non ha nulla di inglese. La verbosità e l'accuratezza dei primi capitoli possono mettere a disagio un primo lettore ma la qualità della prosa, come la storia, nello scorrere delle pagine lo ripagano.
Perno del romanzo è la figura di Mr Stevens (personaggio non propriamente positivo ma umano), che ha basato tutto il suo modo di vivere sull'estremo adempimento del suo lavoro, tale da farlo divenire un tutt'uno con il suo vestito ed una maschera sul viso da cui non traspare né calore né affetto.
Ha unicamente seguito gli alti principi di grandezza e dignità, riflessi del prestigio di Lord Darlington, a cui è stato fedelmente cieco, peccando di non aver mai guardato oltre la semplice facciata.
Anche il convegno segreto che avviene di notte tra Lord Darlington, il Primo Ministro inglese e l'ambasciatore tedesco Ribbentrop (che segna il trionfo della sua carriera), Stevens pur informato non riesce (e non vuole) intravedere la prossima allarmante fine del Lord.

@Appuntario

Lo stesso diario-racconto è un intreccio di verità e reticenze volte a difendere l'operato di Darlington, di se stesso e delle sue ormai deboli illusioni.
Il viaggio si evolve in una catarsi smontando opinioni e principi: Stevens è un uomo che ha perso tutto, compreso un possibile amore. Come potrà trascorrere la breve esistenza che ancora rimane?
L'Inghilterra è un secondo protagonista all'interno dell'opera. L'autore ne raffigura la bellezza della campagna che il maggiordomo ama perché immutabile, le convenzioni, la banale pudicizia, la superficialità del periodo tra le due guerre, la complessa gerarchia delle classi sociali: uomini e donne chiusi nel ristretto campo delle loro competenze, ossequiano le volontà dei potenti che muovono, senza giusta causa, i fili del destino del mondo.
La frattura storica entra con la comparsa dell'antisemitismo, il nazismo, con la simpatia filo-germanica da parte di una élite di inglesi. Pur vittoriosa alla fine della Seconda Guerra Mondiale, la grande Inghilterra guarda il triste declino del suo impero, la deposizione degli onori da un ceto privilegiato ad un altro in ascesa.
Il senso di perdita e il disincanto di Mr Stevens si identifica con il tramonto di un'epoca, tuttavia il messaggio di Ishiguro non si coglie nel passaggio da una società all'altra ma nella spinta alla presenza e alla partecipazione del "nostro momento storico", non cadendo nel dilettantismo e nell'indifferenza comuni ma ricercare una conoscenza personale e una più completezza umana.
Il testo non si sofferma nel suo tempo e presenta le drammatiche istanze del presente, una politica più equa, il valore della democrazia, l'impegno intellettuale; nondimeno nelle ultime pagine il maggiordomo si rivolge ai lettori (come se anche loro facessero parte della stessa categoria professionale) invitandoli a raggiungere con le loro esistenze qualcosa di veramente vero e degno.
La conclusione è un finale che Mr Stevens apre più fiducioso e possibile per il giorno dopo.

<<Come ho detto, la felicità con la quale i cacciatori-di-divertimenti radunatisi su questo molo hanno salutato questo piccolo evento tenderebbe a farsi garante della esattezza delle affermazioni del mio compagno; per moltissime persone la sera è la parte più bella della giornata. E forse allora vi è del buono nel consiglio secondo il quale io dovrei smettere di ripensare tanto al passato, dovrei assumere un punto di vista più positivo e cercare di trarre il meglio da quel che rimane della mia giornata>>.




M.P.







Libro:

"Quel che resta del giorno", K. Ishiguro, Einaudi





Commenti

  1. Ho amato Non lasciarmi sebbene parecchio malinconico, ma a mio avviso profondo ☺️ questo romanzo è una delle tante lacune letterarie che prima o poi dovrò colmare ☺️☺️ davvero un interessante commento ☺️☺️

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    1. Grazie mille Gresi! "Non lasciarmi mai andare" sarà sicuramente il prossimo, anche se il genere è molto diverso.

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  2. Sono molto curiosa bei confronti di questo romanzo, però temo di essermi guastata la lettura con la visione del film (molto bello, comunque). Dovrò fare almeno un tentativo, magari la prosa sarà così coinvolgente da non farmi pensare troppo a quello che ho già acquisito dalla trasposizione.

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    1. Ishiguro ha una prosa veramente elegante e articolata (direi "giapponese" ma non sono ancora una esperta in questo), comunque vale la pena di provare anche per le tante sfumature che si possono trovare e che magari nel film non vengono descritte.

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