"Alla Baia" di Katherine Mansfield

 Primissimo mattino. Il sole non era ancora sorto e l'intera Baia di Crescent era nascosta sotto una bianca foschia marina che incappucciava le grandi colline boscose retrostanti. Non si vedeva dove finivano e dove cominciavano i prati e i bungalow.



Tra i vari anniversari letterari che ricorrono quest'anno (il più importante da noi è il centenario della nascita di Calvino che cade il quindici ottobre) si è ricordato quello della scrittrice neozelandese Katherine Mansfield a cento anni dalla sua morte avvenuta prematuramente il nove gennaio del 1923.
Esempio luminoso nel panorama letterario di inizio Novecento, la Mansfield non è riuscita del tutto ad attecchire tra il pubblico italiano dove è ancora poco nota rispetto alla sua amica/rivale Virginia Woolf (1882-1941), nonostante sia spesso menzionata da intellettuali, studiosi e autori odierni, come nell'interessante e ben fatto speciale radiofonico dedicatole pochi mesi fa da Nadia Fusini e dalla scrittrice Sara De Simone.
Quindi rientrata dalle ferie in una Roma ancora appesantita dalla calura estiva ho ripreso in mano uno dei suoi racconti più belli e notevoli, "Alla Baia", la cui ambientazione estiva, ridente e piena, offre al lettore un'ultima illusione della bella stagione prima dell'approssimarsi della sua fine.
Scritto in Svizzera durante le sue peregrinazioni europee per trovare sollievo alla sua salute malferma, fu pubblicato inizialmente per un periodico londinese e poi inserito nella raccolta "La Festa in Giardino e altre storie" nel 1922.
Tra i racconti più lunghi della Mansfield rappresenta uno dei suoi testi migliori, dove la bellezza delle immagini descritte, dei colori e dei suoni, l'evocazione esotica e l'elemento umano concorrono a darne una poetica lirica e vibrante.
Diviso in dodici sezioni, la storia si dipana nell'arco di tempo di un giorno raccontando le vicissitudini interiori di una famiglia della medio-alta borghesia, i Burnell, già incontrati in "Preludio" (1918) e di ritorno alla "La Casa della Bambole" (1923), durante la loro vacanza estiva sulla costa neozelandese.

A Crescent Bay i giardini rigogliosi di fiori dei bungalow, i costumi zuppi d'acqua stesi ad asciugare, i giochi dei bambini, le lunghe nuotate, i corpi rivolti verso sole e i chiacchiericci dei vacanzieri fanno da scenario a vicende emotive.
Qui vi soggiornano la famiglia Burnell, composta da Stanley e Linda e le loro figlie Isabel, Kezia, Lottie e un bimbo nato da poco, la nonna Fairfield e la sorella di Linda, Beryl, lo zio Jonathan e i suoi figli Pip e Rags, la loro domestica Alice ed altri villeggianti come l'eccentrica coppia dei Kember e la commerciante di un piccolo negozio del posto, la signora Stubbs.
All'apparente oziosità esterna vengono contrapposti piccoli drammi in atto esaltati ancora di più dall'esplosione estiva. I personaggi sono così ripresi nelle loro paure, sogni, fantasie, pensieri, ricordi, protesi verso una vita che vorrebbero diversa e libera dalle convenzioni ma nell'istante di una vicina realizzazione questi si ritirano nella loro moralità o nella sicurezza degli obblighi, opportunismi, o incerti su un rischio difficile da accettare. 

La Mansfield ne tratteggia la complessità psicologica attraverso la scissione del loro essere, il forte dualismo che li contrappone tra contratto sociale e desiderio, attraverso cambiamenti interiori che di volta in volta emergono, sospinti sull'onda emotiva del momento. 
Rispetto ad altri racconti qui non ci sono epifanie: i personaggi non prendono coscienza di sé o di qualcosa, sono e rimangono degli illusi e disillusi.
"Alla Baia" respira di motivi ed impressioni fortemente sensuali che si spandono sui personaggi, sulla cornice delle loro vicissitudini, acuiti ancora di più dalla vegetazione tipicamente neozelandese di manuka, fuchsie, e alberi della gomma antropomorfizzati e dall'acqua rappresentazione della volubilità d'animo (il rapporto tra l'acqua e gli esseri umani rivela il loro modo di vivere). 
Anche il tempo diventa un'immagine persistente che torna ad accordarsi agli avvenimenti e al sentimento umano più celato, seguendo le dodici sezioni su cui poggia il testo.
Degna di nota è la particolarità della sezione I posta a prevedere ed annunciare gli eventi poi narrati mediante una serie di scene idilliache, figure simboliche, surreali, anch'esse antropomorfizzate, onomatopee, non prive comunque di inquietudini e turbamenti che raggiungono il climax nella sezione VII.
E proprio la bellezza e il fascino del racconto mansfieldiano è da trovarsi in quel misticismo appena abbozzato, nell'espressione dolorosa ed insieme luminosa di cosa è la vita e la morte, di quegli attimi che pur fugaci permangono e segnano la nostra esistenza, anche in una stagione passeggera e vaga come l'estate.


M.P.









Libro:

"Tutti i racconti", K. Mansfield, Newton Compton









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