"Tutti i Racconti" di Katherine Mansfield
Miss Brill scoprì cos'era a rendere ogni cosa così eccitante. Erano tutti sul palcoscenico, non erano solo pubblico, non stavano solo a guardare; erano attori. Perfino lei aveva una parte, e appariva tutte le domeniche. ("Miss Brill")
W. Beach Humphrey per "Liberty" |
Katherine Mansfield (1888-1923) fu una delle voci femminili più importanti, profonde e sensibili della letteratura inglese di inizio Novecento.
L'egemonia letteraria era in quel periodo divisa solamente con l'inglese, l'eterna rivale Virginia Woolf (1882-1941), con la quale ebbe incredibilmente molte rassomiglianze, di vita e di lavoro, ma con slanci completamente diversi.
Kathleen Beauchamp, vero nome della Mansfield, era nata in Nuova Zelanda da una famiglia d'origine inglese e proprio come la Woolf, agiata e "letterata"; nel suo parentado compariva come cugina, la contessa e scrittrice Elizabeth von Arnim, autrice di celebri best-seller d'epoca.
La sua fu un'esistenza travagliata : due matrimoni, un aborto, una salute malferma (prese la gonorrea) e all'ultimo, un' infezione polmonare che la spense a soli trentaquattro anni.
Ma amava la vita e prima di essa amava scrivere. Scrutare quel che c'era dietro una bella facciata, un motivo ideale, e analizzarne ogni crepa, vivisezionare quasi ogni disarmonia e lesione.
Diversamente dalla Woolf che usava viaggiare in lungo e in largo per dibattiti culturali e conferenze, gli spostamenti della Mansfield ricordavano più quelli di un uccello in cerca di un nuovo nido su cui poggiare stabilità e sicurezza affettiva.
La Woolf si suicidò quando capì di non poter più scrivere; la Mansfield fino all'ultimo credette di poter guarire.
Katherine Mansfield fu una scrittrice di racconti, di cui soltanto pochi furono pubblicati in vita e che presentano analogie con la futura Dorothy Parker (1893-1967), per arguzia e umorismo, ma mentre la seconda con le sue opere metteva a nudo la società contemporanea americana, mostrandone l'impoverimento morale, la prima si occupava di sondare l'animo umano, sfaccettando personalità e mentalità.
Il XX secolo aveva albeggiato con la crisi del mondo borghese, già profetizzata da Mann nei "Buddenbrook", perché minata al suo cuore da marxismi, psicanalisi e lotte di classe che avevano trascinato un periodo di insicurezza e solitudine.
Come Elizabeth Jane Howard (1923-2014) aveva raccontato quel che stava cambiando nell'Inghilterra dalla Seconda Guerra Mondiale, la Mansfield avverte la degradazione e i moti interiori di una classe uscita allo scoperto, dopo un'epoca in cui venivano coperte perfino le gambe dei tavoli.
La raccolta qui realizzata dalla Newton Compton nel 2012, pur presentando molti, fastidiosi errori di battitura, comprende tutti i racconti della scrittrice neozelandese, dal 1911 al 1923, insieme a quelli rimasti incompiuti.
Avrei voluto riassumerli molti di più, ma per non appesantire la recensione e limitarmi ad un esclusivo elenco, ho deciso di presentare solo quelli che hanno attirato in particolar modo la mia attenzione e che mostrano al meglio il suo stile, le tematiche e il suo mondo.
La raccolta "Una Pensione Tedesca", è fra i primi lavori dell'autrice; ancora acerbo ma ben indirizzato verso tematiche quali i rapporti interpersonali, il femminismo e su quanto le offese e le falsità possano arrecare sofferenze agli altri. Sono tredici racconti ambientati nella pensione di una città termale tedesca, dove gli ospiti assistono alle piccole quotidianità dei loro compagni di soggiorno o alla vita del paese, fra avventure pericolose, pettegolezzi, scelte radicali.
In "Preludio" c'è molto di più. Pubblicato nel 1918 dalla Hogarth Press (casa editrice fondata da Leonard e Virginia Woolf), troviamo una forma letteraria completamente innovativa. Innanzitutto il componimento si apre "in media res": abbiamo all'inizio una trama inspiegata che gradualmente viene sciolta al lettore nel corso della lettura. È quella dalla famiglia Burnell, (già incontrati nella raccolta della Lindau con "Alla Baia" e ricorreranno in altri racconti), che traslocano dalla città alla campagna. Il contesto può sembrare banale eppure è soltanto uno spunto per esplorare nella psicologia dei personaggi, nelle loro nascoste insoddisfazioni, nella riconsiderazione dei loro rapporti tra marito/moglie, genitori/figli, nella scoperta che qualcosa è cambiato, dietro una consuetudine ideale, ed il ruolo infelice delle donne all'interno di una società patriarcale.
Nella sua opera più celebrata "The Garden Party" o "La Festa in Giardino"¹, la Mansfield affronta la gravosa questione delle lotte di classe, delle distinzioni tra buona borghesia con la classe povera e i rimorsi di questa consapevolezza. Pubblicato nel 1922, il racconto narra un momento particolare della ricca famiglia Sheridan, quello dell' organizzazione di una festa in giardino elegante e allegra, e naturalmente per pochi. Attraverso gli occhi di Laura (la piccola della famiglia) veniamo immersi in un mondo di fiori, tavoli imbanditi, abiti inamidati e dolci alla panna, ma all'improvviso il tono cambia con la sopraggiunta notizia della morte di un operaio del vicinato. Laura colpita fortemente dall'evento, vorrebbe per decoro annullare la festa, ma trova le resistenze da parte della sorella Jose e dalla madre, per poi dimenticarsene del tutto quando, con il suo vestito elegante, si guarda allo specchio, splendente di bellezza e giovinezza.
A conclusione del party, viene invitata dalla madre a portare, per cortesia, un cestino di panini alla famiglia in lutto. Alla vista della povera casa, della morte e di realtà completamente diverse dalla sua, Laura si rende conto di aver vissuto fino ad allora nell'illusione, e al momento di spiegare al fratello cos'è la vita, quella vera, non trova le parole.
Dello stesso tenore è "La Casa delle Bambole" (1922), il mio preferito della raccolta, dove ritroviamo la famiglia Burnell; questa volta come protagoniste esclusive le figlie Isabel, Lottie e Kezia alle prese con una casa delle bambole arredata di tutto punto, portata in dono dalla nonna. Mentre Isabel e Lottie ne ammirano, e fra le loro compagne di scuola, ne esaltano ogni particolare d'arredo, dai tappeti alle sedie, perfino le stoviglie, Kezia (alter ego della Mansfield) decanta l'unico oggetto che più si avvicina alla realtà, la lampada.
Ma anche qui la casa delle bambole è solo un pretesto per rimarcare le differenze sociali. Tutte le compagne di scuola delle tre vengono invitate a vedere la casa, tranne due sorelle, emarginate per essere figlie di una lavandaia e un galeotto.
Kezia con la sua semplicità e genuinità mostra di nascosto alle bambine la casa, finché sorpresa dalla zia, viene redarguita e quest'ultime cacciate. Ma hanno almeno quest'ultime fatto in tempo a guardare la lampada.
In "Una Tazza di Tè" (1922) si manifesta tutto il materialismo, l'insicurezza, l'insensibilità della classe borghese, con un racconto brioso e di spirito, in quanto Rosemary Fell, donna giovane, brillante e soprattutto ricca, più per gioco e per il proprio ego che per pura generosità, invita nella propria casa una ragazza povera a bere una tazza di tè e a rifocillarsi. Eppure al rientro del marito, quando questi comincia a lodare la bellezza dell'ospite, Rosemary turbata, prima di scacciarla, si avvia nelle sue stanze per truccarsi e pettinarsi, per poi ritornare dal marito più mansueta del solito. La scrittrice evidenzia come il problema non sta nelle gelosia della protagonista, bensì nella sua insicurezza.
K. Mansfield |
Di pari passo, simbolico ed inquietante è "La Mosca" del 1922. Un dirigente d'azienda vecchio e solo, dopo la visita di un dipendente che gli ha fatto ricordare il proprio figlio, rimane perso nei suoi pensieri, sopraffatto dal dolore per la morte dell'unico figlio perso nella Prima Guerra Mondiale. Prima evoca i suoi sacrifici, il coraggio preso per crescerlo e dargli una vita sicura e stabile, poi ne commemora la personalità gioiosa, amabile... E nel mentre si accorge di una mosca rimasta intrappolata nell'inchiostro del gran calamaio sulla scrivania. Con la penna il signore salva l'animale, poggiandolo su una carta assorbente; osserva la fatica della mosca che si asciuga con le zampette il corpo, elogia il suo coraggio, il sacrificio, ma sempre con la penna e d'improvviso, inonda la mosca d'inchiostro. L'azione si ripete finché il povero animale non muore, così con disinteresse getta il cadavere nel cestino. Tuttavia, ritornando alla realtà, non riesce a ricordare a cosa stesse pensando inizialmente.
Questi sono soltanto pochi dei tanti racconti che comprendono un libro di ben oltre settecento pagine, da accompagnare alle ore rubate di un inverno o di una estate, ma da leggere rigorosamente con lentezza, affinché il ricordo di ciò che abbiamo letto, affievolisca piano piano.
La Mansfield possedeva un'incredibile arte evocativa che prendeva in prestito dai suoi ricordi d'infanzia e dalla sua esperienza e lo imprimeva con semplicità nella scrittura, superando le alte vette della genialità, quando descriveva l'atmosfera della scena sul momento : fiori, piante, cibo, continue onomatopee e (cosa che la Woolf le invidiava), la creazione di personaggi così vivi in una scrittura luminosa, quasi quanto quella della Austen.
Nei lavori, l'autrice mostra nelle prime righe un quadro perfetto, quasi idilliaco, ma nello scorrere del racconto ci si rende conto di qualcosa di stonato, di strano. Perciò entriamo direttamente nella mente del protagonista, nella sua più profonda coscienza; quand'ecco che il soggetto giunge senza volerlo ad una epifania e arriva così vicino alla comprensione della sua situazione od incontro, da non poterla, però, mai afferrare totalmente, perché l'illusione lo distoglie dall'ultimo sguardo.
Ho trovato straordinario il fatto che, appena terminato l'ebook, non ricordassi perfettamente la trama di molti racconti. Ciò che mi era rimasto, invece, erano le sensazioni, quei moti d'animo dei personaggi, da farti quasi sembrare coabitante della loro fatalità.
«Ma, Laurie...» si interruppe e guardò il fratello.
«Vero che la vita è...?, balbettò, «la vita è...»
Ma non riusciva a spiegarlo, cos'era la vita. Non importa. Lui capì perfettamente.
«Vero, tesoro?», disse Laurie. ("La Festa in Giardino")
M.P.
¹ Il racconto presenta delle affinità con il romanzo della Woolf "La Signora Dalloway" del 1925.
Ebook :
"Tutti i Racconti", K. Mansfield, Newton Compton.
Ciao! Bellissima recensione ai racconti di un'autrice che io conosco pochissimo ma che da tempo medito di approfondire.
RispondiEliminaComplimenti per il blog, da oggi ti seguirò volentieri :-)
Ti ringrazio dei complimenti Silvia! La Mansfield è stata una sorpresa anche per me.
EliminaUn'altra autrice alla quale mi dovrei avvicinare, anche se le raccolte di racconti sono un campo in cui fatico sempre ad avventurarmi.
RispondiEliminaTi consiglio di leggere qualche suo racconto Critina! Il libro costa poco e l'ebook ancora meno; so che le raccolte non sono il tuo genere ma puoi leggerlo ogni tanto nelle ore libere, anche non in ordine cronologico. Vedrai che stupirà anche te.
EliminaWow, questa recensione mi ha fatto venire voglia di recuperare questi racconti immediatamente! Sarà come ne hai parlato, ma anche i parallelismi con autrici che amo tantissimo: Woolf, Austen, Howard... sembra che la Mansfield sia un grande tassello mancante nella mia libreria. Grazie per questo post così accurato e interessante :)
RispondiEliminaHai detto bene, tra le voci femmnili della letteratura, anche la Mansfield ha un posto non irrilevante. Si potrebbe fare giusto un articolo su cambiamenti sociali delle donne anche dal punto di vista letterario.
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