"La Signora Craddock" di William S. Maugham


Si domandò se fosse stato a causa della sua lunga assenza che l'amore di Edward era aumentato, o se invece non era lei a cambiare. Infatti sapeva che lui era immutabile come la roccia, mentre lei era instabile come l'acqua e variabile come il venticello estivo.


"Interior", Carl Holsøe

Con la morte di Philip Roth a maggio, il suo mancato Nobel per la letteratura (nonostante la grandezza riconosciuta da anni), ha aperto quest'anno una lunga polemica sulla sopravvivenza o meno di questo ambito premio che negli ultimi tempi ha perso agli occhi del pubblico quel suo fascino e quella trasparenza affermata nelle passate edizioni.
Già nel post scritto prima della pausa del blog, avevo espresso il mio pensiero su come (malgrado questi eventi rientrino in molte bufere politico-sociali), davano comunque il pieno riconoscimento del ruolo dello scrittore, del poeta, dell'intellettuale.
Chissà per quale motivo si è sempre creduto che il denaro non potesse essere accostato a queste figure, che a maggior ragione del loro alto compito, tutto ciò rientrasse nella volgarità del mondo.
Ma non può essere così.
Molti uomini e donne nel corso della storia hanno tentato di fare della propria arte un mestiere e di questo viverne; per aumentare il prestigio personale, la propria realizzazione, soprattutto per smuovere le menti ottuse dell'epoca sul concetto che "di cultura si poteva mangiare".
William Somerset Maugham (1874-1965) fu tra gli autori del Novecento più accesi e tenaci a favore di quest'ultima idea, trovando ostacoli e scontri più dalla critica che dal pubblico.
Celebre scrittore inglese di testi teatrali e romanzi, animò la scena intellettuale con le sue provocazioni, andando a scardinare le certezze dell'uomo ottocentesco e pungolandolo nelle stanze più intoccabili del privato.
Oggi il fin troppo dimenticato Maugham è conosciuto per lo più per "Il Velo Dipinto" e un poco per il romanzo "Schiavo d'Amore" ; comunque è rientrato in quella categoria di autori condannati, a torto, ad essere affermati per alcune citazioni sparse qua e là nei siti web che per la lettura effettiva delle opere.
"La Signora Craddock" romanzo che ha accompagnato una parte dei miei giorni estivi con tanta piacevolezza, umorismo ma anche tanta riflessione, risulta fra i primi testi elaborati da Maugham; cinque anni dopo il suo esordio con "Liza di Lambeth".
Pubblicato nel 1902 dopo un lungo peregrinare in varie case editrici londinesi che ne rifiutavano la stampa per il contenuto considerato "immorale", trovò fortuna alla fine (con i dovuti tagli) presso il grande pubblico.
"La Signora Craddock" affrontava la tematica del matrimonio, istituzione ineluttabile nella vita di ogni buon inglese e trappola e disillusione per la donna.
Accostandosi alla maniera francese (vedi "Madame Bovary"), Maugham esaminava i diversi andamenti dell'uomo e della donna all'interno del rapporto coniugale; dalla nascita della passione dirompente fino al suo affievolirsi.


A Blackstable, sulla costa del Kent grigia e spazzata dai venti del Mare del Nord, Bertha Ley, giovane e bella ragazza figlia di nobiltà decaduta, orfana di padre e madre, vive insieme alla cara zia Mary Ley nella sua grande tenuta a Court Leys.
Bertha, colta e romantica, si innamora del suo fattore Edward Craddock, di umile estrazione contadina, ma è presa più da un forte impulso sensuale che la rende vittima del fascino virile di Edward che dal buon senso.
Non trovando nessun impedimento, libera e indipendente, sposa l'uomo che ama contrariamente alle convezioni.
Dopo una luna di miele a Londra, riprendono insieme possesso di Court Leys ma la vita semplice e superficiale di Craddock mal si accorda a quella raffinata e vivace di Bertha, e dopo un primo tempo in cui questa, rinnegando il proprio passato, la propria identità, si sottomette al volere del marito per amore, in seguito, scoprendo della sua passione non corrisposta non ampiamente come si sarebbe aspettata, cade nella depressione e nell'estinzione di quel desiderio che prima l'aveva sostenuta.
Mentre il marito, diventato uno stimabile signorotto di campagna conquistando la falsa società di Blackstable, Bertha affronterà un lungo viaggio interiore, per avvicinarsi, vinta, alla realtà.

Mugham ambienta questo dramma nella provincia di fine Ottocento, usufruendo di questo tempo e spazio per imprimere nella letteratura oltre manica tutti i turbamenti e le angosce nascoste nel perfetto matrimonio inglese, sotto strati di cinismo, bigottismo e potere delle classi sociali più elevate.
Ma qui quello raccontato non è visto attraverso i consueti estremismi di violenza e passione bensì nella rivelazione di quella disillusione che precede il baratro della comune, e forse più tragica, indifferenza, vissuta nel rapporto coniugale.


Trascinata da un fatale darwinismo che la porta ad unire l'antico ramo spoglio dei Ley a quello vigoroso di Edward Craddock, Bertha compromette la propria vita, non come presupporrebbero le convenzioni sociali, mortificandola per la differenza di ceto; lo scrittore indica la causa nella differenza di cultura e temperamento: rinnegando l'antico passato, i propri principi, l'educazione raffinata, Bertha si assoggetta al volere del marito.
Di rimando è chiaro il quadro in cui si rappresenta la condizione della donna,  non libera neppure nell'avvenuta, desiderata libertà, perché Bertha che ha già potuto sposare chi voleva, trovando solo una timida opposizione, non può ulteriormente sfidare i rigori dell'età vittoriana. Non si adatta alla società ed è per questo sconfitta.
Lo stesso raffronto tra l'uomo e la donna è messo in dubbio, come due rette parallele mai destinate ad incontrarsi, pur affrontando lo stesso percorso.
Bisogna riconoscere a Maugham il coraggio di aver aggiunto nel romanzo pagine inusuali per l'epoca, in cui si insinuano istinti particolari come il masochismo o sottili perversioni ma che non hanno nulla a che vedere con il mero erotismo, rientrando più che altro nella sfera psicologica.
Non manca comunque uno spassoso umorismo, personificato dalla zia Mary (personaggio che ricorrerà anche ne "La Giostra") le cui mordaci battute offrono al lettore spaccati di vita dove la mondanità e l'apparenza hanno la meglio sulla vera profondità dell'animo umano.
Il testo per i vari argomenti mi ha ricordato "Washington Square" (1880) di James e quello che sarebbe poi arrivato con "L'Amante di Lady Chatterley" (1928) di Lawrence.
Godibilissimo, seppur poco maturo nella prosa rispetto a quella dei capolavori, mi trova in ogni caso discorde verso alcuni critici che hanno ravvisato nelle sue opere una crudele misoginia.
Penso invece che Somerset Maugham abbia, con i suoi personaggi femminili, esaltato la figura della donna donandole l'audacia di vivere la propria vita nel bene e nel male.



M.P.







Libro:

"La Signora Craddock", W. S. Maugham, Newton Compton Editori

Commenti

  1. L'aspetto interessante degli autori è questa verosimiglianza con la realtà, che forse, dico forse, le autrici possiedono in misura assai minore. Mi piace un romanzo che punti al racconto del vero volto della condizione femminile, senza ambizioni eccessive di romanticismo, che probabilmente rende più piacevole la lettura ma snatura proprio quella verosimiglianza.

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    1. Ci sono molte autrici che hanno raccontato questa "verosomiglianza" degli aspetti più intimi della condizione femminile. Mi viene in mente la stracitata Howard (a parte il grande lavoro di marketing che fanno su di lei e di cui non mi trovo concorde)e ultimamente la lettura del "Il Grande Mare dei Sargassi" della Rhys penso sia una grande opera di sensibilità, proprio su questo concetto.

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