"Il Velo Dipinto" di William Somerset Maugham.
"Era come se per un attimo si sollevasse l'angolo di una tenda facendole intravedere un mondo ricco di colori e valori da lei mai sognati."
"Il Velo Dipinto" (2006), John Curran |
Il mio primo incontro con William Somerset Maugham (1874-1965), risale a sei anni fa, quando rimasi affascinata da questo gentlemen inglese dalla scrittura brillante e fluida, attraverso le letture de "La Giostra" e il romanzo d'esordio "Liza di Lambeth". Poi più nulla, il tempo mi aveva cancellato la sua figura, almeno fino ad una quindicina di giorni fa, quando una buona promozione della casa editrice Adelphi mi ha rammentato e con esso tutta la freschezza di sei anni prima.
Nato in Francia, ma inglese d'adozione, Maugham si impone negli anni 1910-40 tra i più letti e conosciuti scrittori; i suoi romanzi tradotti in tutte le lingue, a cui seguivano trasposizioni cinematografiche di successo che ne acuivano la fama.
"Il Velo Dipinto" fu tra questi. Scritto a puntante nel 1924 sulla rivista "Cosmopolitan", uscì in volume l'anno seguente per una casa editrice britannica. Ma la sua genesi è tutta italiana.
Negli studi giovanili che lo scrittore intraprese su Dante Alighieri, si appassionò alla figura della Pia de' Tolomei (XIII secolo), la donna senese che nel V canto del "Purgatorio", sospettata di adulterio, viene portata prima dal marito in Maremma, allora zona metifica, per farla ammalare e liberarsi quindi di lei, conseguentemente vista la non riuscita del piano la uccide.
Questa triste storia impressionò a tal punto Maugham da volerla trasportare in una possibile rivisitazione contemporanea, in una diversa chiave metaforica. Ne nacque un capolavoro.
Nella Hong Kong degli anni venti, sotto il dominio dell'impero britannico, nell'elitaria ed elegante classe alto-borghese, Kitty Garstin, bella e superficiale ragazza inglese, trascorre la vita annoiata e libera, tra feste mondane, circoli sportivi e balli. Sposata a Walter Fane, batteriologo alle dipendenze del governo, uomo austero e anticonformista, lo tradisce col più vivace e belloccio Charles Towsend, vicesegretario di Hong Kong.
Ma alla scoperta dell'adulterio, Kitty abbandonata dall'amante è costretta a seguire il marito, partito in missione per la città di Mei-tan-fu, devastata dal colera.
In questo inferno di strade polverose e sporche, dove uomini e donne vengono seppelliti in fosse comuni e dove su tutto regna l'anarchia generale, la giovane donna, debole di costituzione, pensa ad una vendetta del marito. Eppure i giorni passano e dopo gli iniziali turbamenti, Kitty trova una certa stabilità fisica e interiore, attraverso l'amicizia di Waddington, strambo deputato inglese che convive con una donna manciù e le suore cattoliche del convento, ove comincia a prestare servizio.
Mentre la morsa del colera si allenta, la giovane non rammenta quasi più nulla dell'amante e guarda invece con occhi diversi il marito, colpita dalla sua generosità e passione verso gli altri.
La realtà le si presenta davanti come una folgorazione e quell'illusione che la celava cade definitivamente ai suoi piedi.
Sarà l'inizio di un percorso all'interno del suo animo ed inconscio.
Potrei descrivere questo libro come il romanzo della possibilità, o delle tante possibilità. Ma vorrei riservare questo tema alle ultime battute finali della recensione.
Maugham è riuscito con un motivo così semplice e consueto come quello dell'adulterio, a trarre le fila di un intreccio complesso e dai risvolti inaspettati.
L'occidentale Hong Kong che dopo la "guerra dell'oppio" era divenuta colonia dello stato inglese, è ritratta come una società moderna e attiva e comunque legata alle convenzioni e agli usi dell'epoca post-edoardiana. Cinica ed egocentrica, ruota intorno alla collettività più che al singolo, agli antipodi dell'immaginaria città di Mei-tan-fu, con i suoi colori, visioni; lo scrittore riassume l'Oriente adoperando simbolismi, superstizioni e trasfigurazioni, rendendo più significativa la catarsi della protagonista.
Kitty domina praticamente tutta l'opera, con le sfumature del suo personaggio, il coraggio e le ricadute analizzate con peculiare istinto nei meandri della psicologia femminile.
Ma l'immedesimazione è in agguato : si perché come Kitty anche noi inciampiamo e ci rialziamo, brancolando nel buio e proprio come lei ci viene dato il permesso di vedere la luce solo a conclusione della storia.
Maugham sembra giocare con il lettore, disseminando indizi; a partire dal titolo del romanzo, verso del poeta P. B. Shelley e un verso della ballata di Oliver Goldsmith (1730-1774), che racchiude il significato della trama.
E questo per risolvere un mistero in cui tutti sono impegnati a cercare, Kitty, il dottor Fane, Towsend, Waddington, la donna manciù, le suore del convento : il senso della vita.
Lo scrittore inglese che in vita fu sempre accusato di misoginia per come tracciava i profili femminili dei suoi romanzi, smentisce qui questa tesi.
Kitty incarna l'umanità intera e l'opera diviene un inno alla vita, alla bellezza, alle possibilità.
Forse il senso della vita risiede proprio in queste ultime, poiché nulla è vano; ogni errore, colpa, infelicità di poco conto, non sono altro che un tassello fondamentale per intravedere, anche se da lontano, un'esistenza migliore.
"Ho idea che la sola cosa che ci permette di guardare senza disgusto il mondo in cui viviamo sia la bellezza che gli uomini di tanto in tanto creano dal caos. I quadri che dipingono, la musica che compongono, i libri che scrivono, la vita che vivono. Fra tutte, la cosa più ricca di bellezza è una vita bella. E' questa l'opera d'arte più perfetta."
M.P.
Ebook :
"Il Velo Dipinto", W. S. Maugham, Adelphi 2013
Ciao Michela, bellissima recensione tanto più che sto rileggendo una raccolta di racconti di Maugham ( che a me piace molto ) e che mi è capitato di rivedere il film " Il velo dipinto " non più di due settimane fa. Ti ringrazio moltissimo per questo articolo.
RispondiEliminaUn abbraccio, a presto.
Antonella
Grazie per essere passata nel mio blog Antonella! Sicuramente andrò avanti nelle letture con Maugham, anzi mi voglio subito procurare il suo romanzo più noto "Schiavo d'Amore". Il film non ho avuto occasione di vederlo, mi devo affrettare perché so che è un gran film.
EliminaFinora per me questo libro era soltanto un titolo, ma mi hai convinto a tenerlo presente per le prossime letture, sia per la particolarità della storia e della sua ispirazione dantesca (e ti pareva, dirai!), sia per l'ambientazione storica. Grazie del consiglio!
RispondiEliminaCiao Cristina, in effetti ha stupito anche a me questa rivisitazione in chiave moderna. Sono contenta che ti sia piaciuto.
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