"L'Amore in un Clima Freddo" di Nancy Mitford
«No, ma la cosa che davvero mi incuriosisce sul debutto in Inghilterra è l'amore. Tutti hanno storie d'amore? È l'unico argomento di conversazione?
Fui costretta ad ammettere che era così.»
«Oh, accidenti. Ero sicura che lo avresti detto... Succedeva anche in India, naturalmente, ma credevo che magari in un clima freddo...[...]»
La prima volta che mi sono imbattuta nelle sorelle Mitford fu nell'estate di due anni fa, leggendo la biografia di Angela Lambert su Eva Braun.
Erano citate come le sei ragazze inglesi snob figlie di David Mitford, secondo barone di Redesdale, divenute celebri nella prima metà del XX secolo per le loro vite ricche di eleganza, gioventù, bellezza e insieme di pettegolezzi, scandali e un privato non proprio pulito: due di loro, Diana (la più bella) e Unity (la minore) abbracciarono senza riserve il nazismo e Hitler sempre in cerca di appoggi importanti, prima della guerra, diede loro un'importanza politica che certo non possedevano nella realtà; "anche se antica [la famiglia Mitford] apparteneva più alla nobiltà di campagna che all'aristocrazia, con tenute nel Northumberland, nell'Oxfordshire e nel Gloucestershire".
Oggi chiameremo le Mitford come delle influencer, delle socialité fresche e spigliate, ambiziose di conquistare il mondo, di affascinarlo e sconvolgerlo con le loro esistenze. E così doveva essere allora.
Dopo la Grande Guerra, l'Inghilterra pur uscitane vincitrice, dovette attraversare un periodo, non breve, di incertezza economica e politica che non risparmiò nemmeno le grandi famiglie aristocratiche. Serpeggiò un clima di risentimento ed insoddisfazione (conciso con l'età del jazz) soprattutto fra i figli e le figlie più giovani del bel mondo patrizio e alto-borghese, di tutta una generazione che non aveva assistito agli orrori del conflitto.
Soprannominati come il gruppo di "Bright Young Things", questi giovani si distinguevano per i loro eccessi e per una vita trascorsa unicamente in uno sfrenato edonismo.
Questa società esclusiva venne immortalata nelle prime fotografie di Cecil Beaton (1904-1980), futuro sceneggiatore e partecipante anch'egli del gruppo insieme alle Mitford ed altri personaggi divenuti in seguito famosi.
Nancy Mitford (1904-1973) la maggiore e la più promettente delle sorelle in campo letterario, rievocò questo mondo frivolo e legato ai beni immobili, in una trilogia: "Inseguendo l'Amore" (1945), "L'Amore in un Clima Freddo" (1949), "Non Dirlo ad Alfred" (1960), di cui il più conosciuto è essenzialmente il secondo volume, non un capolavoro eppure fra i testi più letti e apprezzati in Inghilterra, per la prosa brillante e una narrazione piacevole ed arguta.
Ambientato nella campagna occidentale inglese fra le due guerre, la narratrice del romanzo, giovane debuttante dell'aristocrazia rurale, Fanny, fortunata spettatrice di vicende curiose e bizzarre di Hampton House, vasta proprietà terriera di una delle antiche famiglie dell'isola, Lord e Lady Montdore. Ritornati da un viaggio in India come rappresentanti della monarchia, organizzano il debutto "inglese" della loro unica figlia Polly, amica d'infanzia di Fanny.
I Montdore sono conservatori, incolti e tronfi del privilegio della loro posizione, dei legami con reali decaduti e più del denaro, della "visibilità" della loro ricchezza, fatta di gioielli e abiti, arredi e di una vita tendente all'eccesso. In particolare Lady Montdore ha spianato la strada al marito verso le più alte cariche mediante la sua rete di conoscenze e allevato la figlia negli agi, preservando la sua rara bellezza nella previsione di un matrimonio prestigioso.
Ma Polly bella come una dea eppure priva di immaginazione e apparentemente mancante di sentimento, rivela a Fanny di non essere adatta al matrimonio e di aver pensato che una volta tornata in Inghilterra, sarebbero cessati gli intrighi materni, visto il clima notoriamente rigido della nazione.
Fanny osserva il disfarsi e il riunirsi di questa famiglia non ancorata alla realtà ma ad obsoleti retaggi, sprovvista di buon senso, sopravvivere alla cieca tra maschere, sconsideratezze e misteri, incurante del bene o del male. Il libro si conclude come una fiaba, ma non gli stessi stereotipi.
Nancy Mitford foto di C. Beaton |
"L'Amore in Clima Freddo" è essenzialmente un romanzo divertente e dissacrante, non corposo o formativo ma può rientrare fra quei libri di piacevole compagnia.
Ha una scorrevolezza narrativa fresca; non ricercata nelle noti descrittive la sua ricchezza si trova nella rappresentazione di un microcosmo affastellato di caricature più che di personaggi, portate all'esasperazione dalle loro perversioni, dal sesso. Non ci sono certezze, tutto è capovolto, imprevedibile, partendo dal modo di essere.
Fanny opera all'interno di questa elitaria classe, il ruolo di outsider, senza desiderare di entrare a farne parte ma nemmeno giudicandola o condannandola anche nei suoi aspetti negativi; la guarda con disincanto e bonomia nonostante tutto.
È difficile mettersi dalla parte della narratrice senza criticare questi personaggi grotteschi cadere così in basso nella dignità umana, se non ci fosse una spassosa ironia a salvarli, tenendo incollato il lettore per tutto il prosieguo della trama pur leggera.
Ma c'è anche altro nel sottosuolo del dileggio. C'è una società così racchiusa nel proprio confortevole ambiente e ottusa, incapace di mettere il naso fuori dal proprio egoismo, che non riesce ad intravedere la sua immagine specchiarsi nell'imminente fine; che dopo la Grande Guerra, questo è solamente un fatuo attimo, prima del dissolvimento definitivo.
M.P.
Libro:
"L'Amore in un Clima Freddo", N. Mitford, Adelphi
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