"La Casa sul Bosforo" di Pinar Selek


Bostanci, il suo mare, la sua schiuma, i suoi giovani spensierati, i suoi innamorati, i suoi poeti bohémien, i suoi passanti brilli e i suoi rivoluzionari. Il nostro Bostanci capitolava davanti all'odore dell'uniforme, della plastica, del metallo e degli insulti.

Foto di Appuntario


Dopo un periodo di assenza forzata, dovuta ad una "cattività" insorta all'improvviso, tento di ripartire da dove avevo lasciato.

Ci sono storie che meritano di essere conosciute e di cui, per qualche istante della nostra vita, è doveroso soffermarsi, e se è impossibile ascoltare ogni singola voce del mondo, anche un pensiero su alcune di queste basterebbe per riflettere e smuovere le coscienze.
Pinar Selek è una donna energica, molto comunicativa nei suoi sguardi, nei suoi gesti assidui ma coinvolgenti, quasi volesse racchiudere, nelle sue braccia sempre aperte, l'attenzione e la comprensione dell'interlocutore.
Nella passata edizione di Più Libri Più Liberi, fiera della piccola e media editoria italiana tenuta ogni anno nella capitale, ho potuto conoscere questa scrittrice in un incontro sulla promozione del suo primo romanzo "La Casa Sul Bosforo".
Pinar Selek, classe 1971, è una sociologa turca e attivista per i diritti umani e le minoranze oppresse nel suo paese. Nei suoi occhi c'è più amore e speranza che tutto il dolore passato, quando nel 1998 venne incarcerata ingiustamente, torturata, processata e condannata in contumacia all'ergastolo perché ritenuta terrorista, dopo aver svolto una ricerca sulla guerra civile in Turchia; dal 2009 vive in esilio, come un'altra sfortunata collega ancora sotto processo Asli Erdoğan.
Della sua storia, delle sue voci da lei raccontate, mi ha colpito la grande solidarietà femminile, da lei ricevuta negli anni del carcere dalle altre prigioniere e che lei ha continuato a dare di rimando e l'importanza di una cultura più aperta e accogliente per ogni essere umano.
"La Casa sul Bosforo" è stato pubblicato nel 2013 e scritto prima e durante il suo esilio, e di questo passaggio il romanzo diventa il simbolo di nuove strade percorribili, di accettazione e di pace con il mondo e noi stessi, nonostante politiche e le società avverse.


Il libro si apre un mese dopo il colpo di stato in Turchia nel 1980, percorrendo poi un arco di tempo lungo vent'anni.
A Yedikule, il quartiere più antico di Istanbul, scorrono le vite di quattro giovani, due coppie in cerca ognuna di un posto nel mondo: c'è Hasan che con il suo duduk vagabonda tra Oriente e Occidente, c'è Elif una ragazza che crede nella rivoluzione sociale, Salih povero falegname che confida nel mistero dell'attesa e Sema, dagli occhi color miele, vivace ragazza persa tra i suoi desideri.
Le loro esistenze si incontrano e si scontrano in una Istabul dura e ostile, piegata dalla dittatura, dal silenzio e dalla paura ma non per questo meno bella e sognante: c'è tutto il quartiere di Yedikule da cui si ergono voci di mondi, culture diverse, curde, armene, greche che diventano la voce della stessa città, cuore di un'antica multietnicità nostalgica, divisa dall'eterno dissidio europeo-asiatico, sorpresa tra una vecchia generazione intessuta di ricordi e una nuova in cerca di cambiamento, un gruppo di donne solidali che fanno la forza di un territorio, una piccola collettività di abitanti che, dietro la confusione e le miserie, riescono a costruire una comunità di asilo fisico e mentale.

L'autrice espone le varie vicende utilizzando il genere fiabesco, con uno stile leggero, breve, le cui parole sembrano non toccare la pagina; un eco lontano nel tempo, eppure questo è presentato come un espediente narrativo, (come solo gli scrittori turchi sanno fare) per raccontare la storia del proprio paese.
La Selek sceglie un periodo storico che lei stessa ha vissuto da bambina: il colpo di stato del 1980 che ha portato la Turchia a tutte quelle trasformazioni di cui la politica odierna di Recep Erdoğan è il risultato.


Pinar Selek a PLPL
Foto di Appuntario
 Attraverso queste "voci" vengono accennate (ma tanta è la profondità da svelarcele con forza e incisività) l'oppressione politica, le sofferenze, il terrorismo subito per anni dai curdi, armeni, greci, fatti che ancora oggi vengono commentati come mai avvenuti, mentre le persecuzioni continuano e si espandono. Viene mostrata la posizione delle donne, chiuse in un ruolo marginale, schiave di condizionamenti sociali retrogradi ma capaci di organizzare riunioni solidali e dare protezione a chi chieda aiuto. Esiste per cui questa forte spinta femminista che fuoriesce dai quartieri più poveri e degradanti della città, vincitrice di pregiudizi e paure e carica di dolcezza umana.
Il momento storico, pur incidendo sulle vite dei protagonisti, non ne lede in alcun modo la loro ricerca di libertà e felicità, mai riposta comunque in una resistenza violenta; da qui parte il messaggio di Pinar Selek (che riprende sensibilmente quello del "Candido" di Voltaire): se è impossibile guarire il mondo da tutti i suoi mali, certo ognuno può, nel suo piccolo, coltivare la bellezza della giustizia, come gli abitanti di Yedikule fanno, costruendo "la casa sul Bosforo", un luogo di condivisione e incontro tra popoli.
Anche per ciò "La Casa sul Bosforo" rappresenta un importante romanzo, omaggio di amore per la Turchia e di quella "mezza speranza" che ancora rimane.
La lettura non può essere solo uno svago, un momento per poter rilassare le nostre menti e il nostro corpo dal dispendio quotidiano. La lettura deve essere "attiva", dare prospettive diverse, inseguire la verità e quest'opera di Pinar Selek toglie il velo dipinto che occulta, ai nostri occhi, tragedie, dittature, libertà e diritti negati.

Il tempo è una strana cosa, nulla gli resiste.
E noi? Il tempo ci ha tolto qualcosa? O al contrario ci ha arricchiti, papà?
Che cosa lasceremo? Appunti, foto, ricordi?
Voglio una cosa diversa.
Una cosa che il tempo non porterà via.
La troverò, stanne certo.



M.P.



Libro:

"La Casa sul Bosforo", P. Selek, Fandango Libri








Commenti

  1. Sì, la letteratura deve anche farsi il carico di dare voce a delle realtà altrimenti (forse) inascoltate.
    Grazie per questa segnalazione.

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    1. E questo libro merita anche per il coraggio del pensiero esposto.

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