"L'Esclusa" di Luigi Pirandello


<<Ma lei? La sua vita, la sua giovinezza dovevano rimanere separate lì; nel passato? Non se ne doveva più parlare? Quel ch'era stato era stato? Morta? Tutto morto, per lei? Viva solamente per far vivere gli altri? Sì, sì, se ne sarebbe magari contentata di sé, esclusa così dalla vita, le avessero almeno concesso di godere in pace dello spettacolo dolce e quieto di quella casetta ch'era come edificata sul sepolcro di lei...>>


"Le Ricamatrici" (1866), Adriano Cecioni

In questi giorni silenziosi e destabilizzanti, la lettura di un libro dal titolo "L'Esclusa" certo potrebbe apparire come una forma di parossismo ma in passato ho dato così poco tempo e spazio alla nostra letteratura che soprattutto in questa surreale situazione mi sembrava giusto sopperire. E vista la forzata immobilità, un libro aiuta a spostarsi con la mente e intraprendere viaggi altrimenti impossibili.
"L'Esclusa" fu scritta da Luigi Pirandello (1867-1936) nel 1893 a Monte Cavo, la seconda montagna più alta del complesso dei Colli Albani laziali, che dalla sua vista domina sui Castelli Romani e su Roma.
La pubblicazione avvenne solamente nel 1901, a puntate sul quotidiano romano "La Tribuna" e in volume nel 1908 presso la casa editrice milanese "Fratelli Treves".
"L'Esclusa" fu il primo romanzo di Pirandello, l'inizio di quella che fu una fortunata carriera di scrittore e drammaturgo di fama mondiale che giunse nel 1934 al Nobel per la Letteratura. Quest'opera prima, lungi dall'essere acerba, porta con sé già una certa complessità psicologica che risente ancora di echi verghiani ma con l'originalità di quell'inesplicabile fatalità del Pirandello a venire.
La storia dell'"Esclusa" , Marta Ajala, si colloca nella Sicilia di fine Ottocento, ancorata ad un'arcaica visione delle leggi degli uomini e delle cose.


Marta Ajala, giovane e bella donna di provincia d'estrazione borghese, viene sorpresa dal marito Rocco Pentàgora mentre sta leggendo la lettera di uno spasimante ch'ella ha sempre rifiutato. Ma per Rocco Pentàgora, incitato in questo anche dal padre Antonio che vede nel tradimento la triste e preannunciata condizione ereditata dai maschi della famiglia, la lettera equivale alla colpevolezza e nella rabbia si affretta a scacciare la moglie incinta senza remore.
La condanna del marito diventa la condanna dell'intero paese, a cominciare dal padre di Marta che si lascia morire d'orgoglio, mentre Marta la peccatrice innocente, la madre e la sorella subiscono la persecuzione della miseria, dell'isolamento e della derisione degli abitanti, fino al crudele ostracismo.
A Palermo Marta cerca il riscatto della propria vita nell'istruzione e nell'insegnamento eppure ancora una volta la volontà degli uomini e una sorte beffarda tornano a vessarla: riconosciuta infine innocente, non può più riprendere il proprio posto perché nel frattempo si è macchiata di quella stessa colpa che prima le era stata solamente imposta.

La Sicilia di Pirandello è quella narrata dal Verga, con i suoi contorni e il suo sostentarsi ma la sua coralità è rappresentata dall'avaro mondo borghese, non meno incolto e ubbioso di quello contadino. Di fatti il ceto borghese si aggrappa ancora ad una società patriarcale, di matrice primitiva, dove "dall'oppressione antica" vengono ereditati beni materiali come tare e sventure che non esauriscono le loro persecuzioni.
La mentalità ottusa e retrograda del paese (l'accettazione del destino già segnato) si scontra qui con una vita più aperta ed intellettualmente partecipe auspicata da Marta.
La precaria condizione femminile non le permette questa elevazione desiderata, l'affrancamento da un ruolo sottomesso e controllato, l'indipendenza a lungo ricercata attraverso l'istruzione.
Quello di Marta è un personaggio complesso e particolare rispetto agli altri, caratterizzato dalla ribellione ad una sorte, una coscienza di sé più profonda, dal suo pensiero che sfora i limiti imposti del presente e sa guardare oltre.
Come evidenziato dal critico Sergio Campailla¹ l'incresciosa caduta di Marta non è dipesa dalla lettera in sé ma dalla sua capacità di leggerla, motivo di una piccola indipendenza già acquisita insieme alla eccezionale bellezza della protagonista, motivo di invidia e guai.
L'esclusione di cui è vittima porta ad estrometterla sia dal suo ambiente sia dalla vita stessa. Marta non ha un posto effettivo in nessuna delle due.
L'inevitabile rassegnazione e il passaggio da innocente condannata a peccatrice riabilitata diventa il singolare paradosso del romanzo.

<<Marta non leggeva più; guardava la pioggia che rimbalzava sul fango della via>>.

Formatosi nel periodo del trapasso dal Verismo al Decadentismo, quando la fede nella realtà oggettiva e nella scienza cedeva all'io e al misticismo dei sensi, Pirandello sceglie la personalità narrativa per indagare nell'ansia dell'uomo che cerca di ribellarsi agli schemi della vita per essere soltanto se stesso.
Ed ecco ai <<vinti>> del Verga, tuttavia credenti in un principio e attratti da un miraggio di ascesa sociale, succedono nello scrittore siciliano figure di medi o piccoli borghesi, rappresentanti di una società priva d'ideali e condannati all'incomunicabilità come questa Marta Ajala già precorritrice dei suoi futuri personaggi.





M.P.






Libro:

"L'Esclusa", Luigi Pirandello, Newton Compton¹

Commenti

  1. Un romanzo bellissimo, a torto marginalizzato rispetto ai romanzi più noti di Pirandello: eppure anche nella storia di Marta Ajala la c'è già tutta la riflessione sul divario fra l'apparenza e la realtà, la condanna del pregiudizio sociale, la messa in evidenza dell'ottusità e della presunzione di conoscere la verità, di chi si serve di una costruzione personale e sociale dei fatti per condannare e non riconosce né l'innocenza né le colpe autentiche.

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    1. Infatti come primo romanzo non mi sarei aspettata una rottura già così evidente con il precedente stile. È da recuperare come libro.

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