"La Concupiscenza Libraria" di Giorgio Manganelli


Come Helene [Hunff], come Charles Lamb, per i libri si possono conoscere abissi di passione, e languori sentimentali. Esiste, esiste la concupiscenza libraria. A chi confessarla?

@Appuntario

Nei giorni della quarantena ho approfittato della promozione e-book Adelphi per comprare a pochi euro questo saggio letterario che avevo già adocchiato qualche giorno prima.
Per ignoranza non conoscevo Manganelli, se non ultimamente attraverso un libro che compare nella libreria di mia sorella, "Centuria", dove sono raccolte cento storie lunghe solamente una pagina: un'opera di per sé stravagante che può ben spiegare il carattere giocoso dell'autore.
Giorgio Manganelli (1922-1990) oltre che scrittore fu traduttore, critico letterario (si dice scopritore di Alda Merini), consulente editoriale di molte case editrici, soprattutto l' Adelphi.
Manganelli fu componente del "Gruppo del '63", un movimento letterario (di  intellettuali come Eco e Arbasino), di neoavanguardia che allontanandosi dal romanzo neorealista, ancora in voga in quel periodo, propose una sperimentazione linguistica e stilistica nuova, rispondente alle istanze moderne.
Della sua attività critica, numerosa e variegata, "La Concupiscenza Libraria" (2020), curata da Salvatore Silvano Nigro¹,  presenta sotto forma di regesto saggi brevi, articoli, testi giornalistici scritti negli anni per diversi quotidiani e testate culturali che avevano come argomentazione la letteratura; vestendo i panni non del recensore ma dello scrittore di recensioni².
"La Concupiscenza Libraria" è un trattato sulla recensione, non come puro e freddo giudizio ma come amore per i libri e la lettura, la cura e l'esigenza delle parole, la fantasia e la libertà del messaggio, <<il rumore sottile della prosa, la librofilia, la sensualità dell'intelligenza>>.


Di questo bel librone di quasi cinquecento pagine devo dire, ad onor del vero, di aver sorvolato su alcune parti ed autori a me ancora poco congeniali, ma fondamentalmente questo caleidoscopio letterario è la classica opera da leggere per consultazione, studio, da prendere o riprendere al momento opportuno.
Perciò ho scelto di imboccare un percorso personale nella lettura, talmente abbondante da condensare una piccola storia della letteratura ed un compendio raffinato dei suoi generi letterari.
Ho apprezzato molto la parte dedicata al mondo classico, dall'Odissea definito un <<libro sacro e insieme prodigioso, di insondabile prodigiosità, e insieme un libro veritiero, qualcosa che usando una fitta rete di enigmi, di segni oracolari, una ininterrotta serie di lanci di dadi, continuamente ci interpreta, ci racconta, ci spiega>>, <<non si può attraversare l'Odissea senza essere coinvolti in un itinerario interiore>>, alla vocazione filosofica di Seneca, che <<non ha nulla di accademico ma semplicemente un essere umano si deve interrogare su ciò che rende la vita degna di essere vissuta>>, guardando a Plinio il Vecchio, nelle cui opere <<sentiamo nascere il Medioevo, la sua fede nel mondo come organismo completo e provvidenziale, deposito di realtà e meraviglie>>, smuovendo perfino personaggi come l'imperatore Giuliano l'Apostata: <<Giuliano, oserei dire, aveva ragione; egli era uno degli ultimi custodi di un modo di leggere Omero che presupponeva quel mondo, alla cui scomparsa egli si opponeva; il mondo degli dèi, degli eroi, delle occulte illuminazioni>>.
Il passo più mirabile è la discussione sulla "Pro Milone" di Cicerone, un'operazione che fu puro esercizio di eloquenza, giudicata dai letterati latini <<un capolavoro; forse il capolavoro di Cicerone>> dove <<le ripetizioni, le assonanze, le dissonanze, le opposizioni, le concordanze, le costruzioni rovesciate, gli echi, le rime, le negazioni semplici e doppie fanno della prosa di questo testo un esempio di una bravura sfrenata>>.
Manganelli ci dice che la nobile arte dell'eloquenza andata via via scomparendo non è comunque morta ma si è mimetizzata nel '600 in un genere che prima non esisteva: il romanzo.

<<Se penso ad uno dei primi romanzi europei, il Robinson Crusoe di Defoe, mi è difficile non sentirci qualcosa che non posso chiamare eloquenza. E poi La Principessa di Clèves, o magari I Promessi Sposi, o Guerra e Pace, o la Signora Bovary, o I Demoni di Dostoevskij, e magari Kafka>>.

Da questo punto parte uno sviluppo su autori come Melville, Maupassant, Conrad, Chesterton, Capuana, Walpole, Pasolini, Dylan Thomas, Lovercraft, Verne, Joyce, Bassani, Malamud, Thomas de Quincey autore di "Gli ultimi giorni di Immanuel Kant", Ismail Kadaré attivista albanese di "I tamburi della pioggia", Oliver Sacks con "L'uomo che scambio sua moglie per un cappello", la "Gattomachia" di Lope de Vega, poemetto dedicato ai gatti in quanto uomini.
Non mancano, seppur in minoranza, le donne, a partire da Aphra Behn, la prima donna inglese che si guadagnò da vivere scrivendo, Mary Lamb e la sua triste storia, Katherine Mansfield, l'ingegno di Ivy Compton-Burnett, Silvina Ocampo (la controparte femminile di Borges), i gialli di Agatha Christie, Karen Blixen, Agota Kristof, Leonora Carrington, Anna Maria Ortese con "L'Iguana".
Il cardine del libro va comunque oltre la pura ricerca antologica e aneddotica; Manganelli riversa su queste pagine fitte di titoli e autori quei sentimenti che un lettore, non meno di un innamorato, prova per i libri.
Dall'amore (che anche per la lettura implica tutti e cinque i sensi) ne deriva un elogio della bellezza e la rarità di un vocabolo, la precisione e il suo suono, il gusto interpretativo e simbolico, la ricchezza di una prosa,  una sorta di desiderio voluttuoso per la conoscenza: per buona parte inaccessibile e sconfinata, da confortare il destinatario-innamorato per la sua imperfezione.

<<Le masse non vanno nutrite con libri ottimisti e facili, per tutti, ma va per loro imbandito il banchetto totale, i cibi più ricchi, le bevande invecchiate mezzo secolo. Mi piace questa sorta di aristocrazia popolare, che dieci anni fa si sperò invano, di far apparire tra i grigi muri delle nostre università>>.

Manganelli (nel paragrafo dedicato a Pietro Citati) tende a definire cosa sia la letteratura <<in che modo la si possa adoperare - non già a che serve>>, e quale sia il rapporto con quella misteriosa e felice esperienza della recensione, il commento.
In uno spazio non definito, la distanza tra il lettore e il libro si azzera, poiché nella letteratura, nel suo uso delle parole, si intravede un frammento, una traccia di quel significato di cui la vita, privata di parole, è incapace.
La lettura e il commento estendono il testo all'infinito o piuttosto celebrano la naturale infinità, così come il recensore il cui compito rimane di rivelare le multiformità dell'esistenza. La letteratura, ci dice Manganelli, può esprimere vari sentimenti ma la sua essenza rimane l'ombra:

<<Citati ama, e non potrebbe essere diversamente, Alice di Carroll, uno dei libri gioco ed enigma del nostro tempo: il vero significato di Attraverso lo Specchio ci rimarrà forse ignoto per sempre, come Alice credeva>>.




M.P.



¹ Filologo e critico letterario.
² Cit. Nigro.



Libro:

"La Concupiscenza Libraria", G. Manganelli, Adelphi.



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