"Dell'Amore e di altri Demoni" di Gabriel G. Màrquez
Quando la guardiana gli aprì la cella di Sierva María, Delaura sentì che il cuore gli scoppiava nel petto e che faticava a reggersi in piedi. Solo per sondare il suo amore di quel mattino domandò alla ragazzina se aveva visto l'eclissi. In effetti, l'aveva vista dalla terrazza. Non capì perché lui portasse una toppa sull'occhio se lei aveva guardato il sole senza protezione e stava bene. Gli raccontò che le monache l'avevano osservata in ginocchio e che il convento si era paralizzato finché i galli non avevano cominciato a cantare. Ma a lei non era sembrato nulla dell'altro mondo. Quel che ho visto è quel che si vede ogni notte disse.
©Appuntario |
Chi ha letto "Romeo e Giulietta" di Shakespeare e non è rimasto ingannato dai luoghi comuni del sentimentalismo di un'opera ancora non molto compresa, può capire che la loro vicenda, un sentimento puro in un'epoca di degrado storico, è la storia più vecchia del mondo, proprio come questa raccontata da Màrquez
Dopo "Cent'Anni di Solitudine" e "L'Amore ai Tempi del Colera", "Dell'Amore e di altri Demoni" è il romanzo più intenso fra quelli letti dello scrittore colombiano, crudele e più provocatorio.
Pubblicato nel 1994, Gabriel García Màrquez (1927-2014) si ispirò ad un'antica leggenda raccontatagli nell'infanzia e ad un fatto di cronaca di cui fu testimone.
Quaranta cinque anni prima, a Cartagena des Indias sulla costa settentrionale colombiana, Màrquez lavorava allora come reporter per un giornale del luogo, quando, per redigere un possibile articolo, venne incaricato di recarsi ad un ex convento dove si stava operando per la traslazione di alcune vecchie tombe di personaggi illustri o meno. Da una di queste, inaspettatamente, ne uscì un minuto corpo di duecento anni prima, logorato dal tempo ma che teneva ancora ben attaccata alla radice una folta chioma rossa dalla lunghezza smisurata. Da questo inverosimile episodio ne scaturì il libro.
Lo sfondo ha un ruolo rilevante quanto la trama stessa. Màrquez ci mostra una Cartegena des Indias durante il periodo coloniale spagnolo, con il suo importante porto da cui ricava il commercio degli schiavi neri e dove vige ancora l'Inquisizione. Una terra primordiale, esotica e caotica dove il sacro e il profano si confondono e si rincorrono in oscure negromanzie e grossolane solennità religiose nel mezzo di un mondo in decadenza e squallore, con i cani uccisi nelle strade per paura della rabbia, i palazzi dei nobili dove nulla delle antiche vestigia è rimasto e perfino nei più alti ambienti ecclesiastici tutto è rovina e macerie.
Una giovane dalla folta chioma rossa, Sierva María, figlia del marchese di Casalduero, allevata distante e distrattamente dai genitori, viene morsa da un cane ipoteticamente rabbioso e pur non dimostrandone alcun sintomo, è creduta malata dalla rabbia. Portata in un convento di suore clausura su consiglio del vecchio vescovo don Toribio, queste la credono posseduta dal demonio e non le risparmiano intimidazioni e soprusi incolpando di ogni minima irrilevanza la sua nefasta presenza.
Per esorcizzare la piccola dai demoni viene chiamato un giovane prete colto, l'unico a capirne in realtà l'innocenza e mancanza di affetti. Cayetano Delaura conquista la confidenze, le sofferenze e la bontà di Sierva María; tentando nel gesto estremo di salvarla, non riesce ad evitare la comparsa fra di loro del demone più forte e salvifico, l'amore.
"Señora Harris", Diego Rivera |
La cornice settecentesca è un mirabile ricamo narrativo volto a marcare più nettamente il mondo esterno di Cartegena, la cui povera realtà richiama sentimenti aridi, ottusità, orrori, anacronismi con quello che invece sentono i giovani protagonisti. Pagine modellate dal loro crescente amore, innocente e libero dalle meschinità della società, dell'epoca; senza speranza e quindi vissuto con maggior forza.
Màrquez qui non ricorre agli usuali leitmotiv: le inondazioni, i combattimenti fra galli, circostanze bizzarre; c'è più realismo e meno magia, come nell'eclissi di sole che spaventa anche i più saggi della città, mentre nello sguardo di Sierva María appare tutto nella sua spontanea normalità.
Delaura, colpito dal raggio di sole, è costretto a portare una benda assecondando indiscutibili suggerimenti; guarisce alla rivelazione dell'amore.
La cecità, quale è invece il pregiudizio e l'ignoranza, mostrano quanto questa vicenda sia moderna in ogni tempo o spazio, ritrovabile nel più piccolo punto del mondo come nel più grande impero.
Ma non per questo vana. L'amore, infine, ne trascende ogni temporalità o geografia e non ultima anche la morte.
Lo guardò senza diffidenza e gli domandò perché non aveva la toppa sull'occhio.
«Non ne ho più bisogno» disse lui, riconfortato «Adesso chiudo gli occhi e vedo una chioma come fiume di oro.»
M.P.
Libro:
"Dell'Amore e di Altri Demoni", G.G.Màrquez, KK Edizioni
Quanto amo questo libro, il migliore di questo autore, secondo me. L'ho letto più volte e ogni volta ho pianto sul finale. Meraviglioso e coinvolgente!
RispondiEliminaA mio dire, dopo i due grandi capolavori, il migliore fra quelli letti. C'è tanta crudeltà e purezza in un racconto modernissimo.
EliminaQuesto romanzo mi ha appassionata meno dei capolavori L'amore ai tempi del colera e Cent'anni di solitudine, eppure, come tutti i libri di Gabo, ha una sua particolarità, un motivo per cui merita di essere letto.
RispondiEliminaLeggere i libri di Màrquez è vivere nuove esperienze sempre!
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