"Il Denaro" di Émile Zola
Alcuni passanti voltavano il capo, attratti e spaventati da quanto
accadeva lì, da quel mistero delle operazioni finanziarie che poche
menti francesi sono in grado di penetrare, quei tracolli e quelle
fortune improvvise, incomprensibili, in tutto quel gesticolio e quelle
grida barbare. E lui, fermo sul bordo del canaletto di scolo, assordato
dalle voci lontane, urtato da quella baraonda di gente frettolosa,
sognava una volta di più la sovranità dell'oro, in quel quartier
generale di tutte le febbri, al centro del quale la Borsa, dall'una alle
tre, batte come un cuore enorme.
In uno speciale dedicato ad Umberto Eco, di qualche tempo fa, si parlava di quanto l' "assenza" di questo magnifico scrittore fosse così profonda nella società di oggi.
Quando si verificava un evento o un fatto di cronaca o costume che si imponeva agli occhi del pubblico, Eco era sempre presente con le sue, ormai, consuete e pronte riflessioni, solerte nel rassicurarci o nel porgerci delle istanze, delle prospettive o possibilità.
Manca veramente quella figura dell'intellettuale dal pensiero libero, pulito da tutta quell'ipocrisia malsana nascosta negli (alcuni) intellettuali odierni, invischiati tra consensi politici e sociali, tra circostanze e schermaglie televisive, che fanno della letteratura o dell'arte una presa di posizione, destra o sinistra che sia.
Riprendendo, dopo qualche anno, la lettura del mio scrittore preferito, Èmile Zola, ho riavuto la stessa sensazione : la dolorosa assenza di queste figure.
Èmile Zola (1840-1902) imponente volto del passato, scrittore, critico, padre del Naturalismo, autore con il suo "J'accuse...!" del più potente atto di libertà della storia, viene volutamente ancora poco considerato nella letteratura del nostro tempo e relegato, impropriamente, solo alla sua epoca.
Nei suoi testi, invece, terribilmente gravi e bui, egli ha raccontato il suo periodo ma anche quello che stiamo vivendo ora; l'incredibile rivelazione di un tempo mai andato avanti o il cui corso si sia ripetuto troppo spesso, eppure il motivo di questa veggenza si avvicina più a quella profonda conoscenza dell'animo umano unita ad una professionalità mai corruttibile.
Pubblicato nel 1891 "Il Denaro" è il diciottesimo (terzultimo) dei venti volumi che comprendono la grande opera dello scrittore francese, la saga famigliare dei "Rougon-Macquart", con la quale intese costruire una sorta di storia sociale e naturale nella Francia del Secondo Impero. Questo lungo ciclo che ha come sfondo la lotta tra il ramo legittimo, i Rougon, e il ramo illegittimo, i Macquart, inizia nel 1851, con il colpo di stato attuato da Napoleone III, e culmina con il 1870, anno della sconfitta di Sedan e il conseguente crollo dell'Impero.
"Il Denaro" apre il cammino a quest'incipiente fine che ha come origine l'ambiente finanziario, dove la sua catastrofe prefigura quella militare. Ma il "denaro" che dà il titolo al romanzo non ha qui la funzione di patrimonio da accumulare e tutelare nei secoli ma prodotto di quella febbre per gli affari, per l'effluvio di dissipazioni delittuose, per le rischiose speculazioni che hanno come centro il desiderio, portato fino alla nevrosi, di dominare il mondo della Borsa, cuore di tutte le miserie e delle fortune che accecarono gli ultimi anni del regno di Napoleone III.
Il romanzo diventa poi un affresco più ampio,storico, culturale e sociale, volto a raffigurare quei primi cenni di antisemitismo e i traffici verso l'Oriente che avrebbero preannunciato le oscurità del primo Novecento.
La vicenda si apre a Parigi nel 1864, concludendosi nel 1869.
Antieroe protagonista del libro è Aristide Rougon, uomo corroso dalla ereditaria bramosia del denaro che ama veder scialacquare in imprese folli e distruttive.
Truffatore senza scrupoli (cambia nel frattempo il suo cognome in Saccard per poter essere più facilmente favorito dal fratello Eugène, ministro dell'imperatore), dopo aver evitato di poco il disastro finanziario in una speculazione edilizia¹, si lancia nel mondo della Borsa fondando la Banque Universelle, nel suo sogno la più grande banca cattolica capace di abbattere l'alta finanza ebraica e, attraverso nuove rotte commerciali con l'Oriente, conquistare l'Asia per il papato. Grazie ad appoggi aristocratici, all'ingegnere Hamelin (incaricato per i rapporti con l'Oriente) e alla sua buona sorella Madame Caroline, la Banque Universelle parte da un credito di venticinque milioni di franchi divisi in cinquecento azioni. Ma se da principio questa, godendo di una certa stabilità dovuta ad una guida saggia e sicura nel fermento causato dall'Esposizione Universale, riesce ad imporsi facendo scricchiolare i patrimoni di tanti banchieri ebrei, dopo, con la pericolosa compravendita delle azioni da parte di Saccard e seguaci, utilizzando i cosiddetti "uomini di paglia" e l'eccessiva ondata speculazioni, la catastrofe arriva mietendo vittime nei vari ceti sociali: il fatuo benessere che si era colto era posato su un edificio destinato già a crollare per il troppo esubero.
Si è portati a valutare gli ultimi volumi del ciclo dei Rougon-Macquart come dei romanzi minori dello scrittore, meno conosciuti, dove il genio letterario si era andato esaurendo con l'età e con una saga famigliare troppo estesa. Eppure stando a questa lettura "Il Denaro" è ancora un imponente libro che non ha nulla da invidiare a "Nana", "L'Assommoir" o "Germinal"; si tratta di un'opera molto più tecnica, anche per via dell'ambiente dove è concentrata, che riesce ad approdare in tematiche storiche, sociali, politico-filosofiche, a partire da un fatto di cronaca.
Èmile Zola prese spunto dal fallimento nel 1882 dell'Union Généralle, banca d'ispirazione cattolica il cui disastro divenne uno dei più grossi scandali del Secondo Impero e di cui vennero accusati senza la minima attinenza i banchieri ebrei, presi poi di mira nei ceti cattolici (l'affare Dreyfus scoppierà qualche anno più tardi), fomentando l'odio semita.
Al momento della stesura era in atto lo scandalo di Panama ma i molti riferimenti storici vanno dalla spedizione in Messico, la terza guerra di indipendenza italiana, passando per l'Esposizone Universale del 1867, all'imminente guerra franco-prussiana.
Baccanale preposto a sfruttare il momento storico è il binomio Banca-Borsa, fulcro degli incrementi e delle perdite di denaro, di influenze, corruzioni, lotte di classe, dissipazioni di fondi. Zola ne illustra minuziosamente i meccanismi speculativi, affaristici, fino a descrivere vere giornate di sedute, azioni legali ed illegali, liquidazioni, compravendite, mentre il tracollo della Banca di Saccard è immaginato come un campo di battaglia a fine guerra, pochi superstiti, vinti mutilati, morti.
Questa visione apocalittica non ha nulla di paradossale: il compito che si prefiggeva l'autore non era di inserire una vicenda privata in un contesto borsistico ma mostrare gli effetti devastanti del denaro (o della mancanza di esso); dove se da una parte apporta ad una vita degna, all'educazione e alla possibilità di creare un bene comune <<il concime con cui crescere l'umanità del futuro>>, dall'altra, con la sua attività frenetica, avvelena e distrugge l'essere umano.
<<All'indomani dell'Esposizione, in una Parigi ebbra di piaceri e potenza, si viveva un momento unico, un momento di fiducia nel benessere, la certezza di una buona sorte illimitata. Tutti i titoli erano saliti, i meno solidi trovavano acquirenti creduli, una pletora di affari putridi intasava il mercato, lo congestionava fino all'apoplessia, mentre, sotto, rimbombava il vuoto, il reale esaurimento di un regno che aveva molto goduto, spendendo miliardi in grandi opere, ingrassando istituti di credito faraonici, le cui casse spalancate si squarciavano da tutte le parti>>.
Il sistema ideato da Saccard, marionettista dominato dalla passione in rivalità con il banchiere ebreo Gundermann guidato dalla logica, si inoltra anche nelle vite di venti personaggi, il ribassista Moser, il rialzista Pillerault, l'usuraio Bush, la fredda baronessa Sandorff, il mercante di seta in bancarotta Sédille, le contesse di Beauviller che ostentano una ricchezza ormai persa, la principessa d'Orviedo con la sua inutile generosità, lo stesso Eugène Rougon vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro, pronto a concedere più libertà pur di non perdere la sua posizione, fino ad arrivare alle ambigue figure provenienti dalla pubblicità e dal giornalismo, non meno corrotti, tutti stritolati da tare ereditarie e società, nelle analogie tra denaro e libido (causa della sconfitta di Saccard). Unico a salvarsi dal girone infernale è il giornalista Jordan (cammeo dell'autore agli esordi) che vive del suo lavoro, di fatica e speranza.
Romanzo moderno "Il Denaro" stupisce per la correlazione con il nostro tempo, per tutti quegli apparati descritti che oggi dominano la realtà: in uno dei passi più belli del libro lo scrittore francese mette in bocca alla contessa di Beauviller l'evocazione dei tre elementi di scambio su cui si sono rinnovate di volta in volta le sorti della storia: il baratto, la terra, il denaro e, ultimo in nome del progresso, il mercato azionario.
Se il trionfo del capitalismo cade su se stesso anche le teorie socialiste (marxiste) vengono condannate per il loro pensiero utopico e pericoloso di porre su un unico livello tutti gli uomini, non tenendo conto delle diverse intelligenze e individualità, creando una sorta di dittatura inconsapevole.
Ma il destino dell'essere umano, le cause del peggioramento del suo status sono veramente da ricercare fra i fattori del denaro, del potere, o più da intravedere nel cuore dell'uomo? Questo è l'interrogativo che si pone Zola.
<<E, al ricordo della vergogna che aveva provato per la sua relazione con Saccard, pensava alla spaventosa sporcizia che imbratta anche l'amore. Perché far portare al denaro il peso delle porcherie e dei crimini che provoca? È davvero meno sudicio l'amore, quell'amore che crea la vita?>>.
M.P.
¹Vicende presenti nel secondo volume della saga, "La Preda".
Libro:
"Il Denaro", E. Zola, Mondadori.
"Ritratti alla Borsa" (1879-79), E. Degas |
In uno speciale dedicato ad Umberto Eco, di qualche tempo fa, si parlava di quanto l' "assenza" di questo magnifico scrittore fosse così profonda nella società di oggi.
Quando si verificava un evento o un fatto di cronaca o costume che si imponeva agli occhi del pubblico, Eco era sempre presente con le sue, ormai, consuete e pronte riflessioni, solerte nel rassicurarci o nel porgerci delle istanze, delle prospettive o possibilità.
Manca veramente quella figura dell'intellettuale dal pensiero libero, pulito da tutta quell'ipocrisia malsana nascosta negli (alcuni) intellettuali odierni, invischiati tra consensi politici e sociali, tra circostanze e schermaglie televisive, che fanno della letteratura o dell'arte una presa di posizione, destra o sinistra che sia.
Riprendendo, dopo qualche anno, la lettura del mio scrittore preferito, Èmile Zola, ho riavuto la stessa sensazione : la dolorosa assenza di queste figure.
Èmile Zola (1840-1902) imponente volto del passato, scrittore, critico, padre del Naturalismo, autore con il suo "J'accuse...!" del più potente atto di libertà della storia, viene volutamente ancora poco considerato nella letteratura del nostro tempo e relegato, impropriamente, solo alla sua epoca.
Nei suoi testi, invece, terribilmente gravi e bui, egli ha raccontato il suo periodo ma anche quello che stiamo vivendo ora; l'incredibile rivelazione di un tempo mai andato avanti o il cui corso si sia ripetuto troppo spesso, eppure il motivo di questa veggenza si avvicina più a quella profonda conoscenza dell'animo umano unita ad una professionalità mai corruttibile.
Pubblicato nel 1891 "Il Denaro" è il diciottesimo (terzultimo) dei venti volumi che comprendono la grande opera dello scrittore francese, la saga famigliare dei "Rougon-Macquart", con la quale intese costruire una sorta di storia sociale e naturale nella Francia del Secondo Impero. Questo lungo ciclo che ha come sfondo la lotta tra il ramo legittimo, i Rougon, e il ramo illegittimo, i Macquart, inizia nel 1851, con il colpo di stato attuato da Napoleone III, e culmina con il 1870, anno della sconfitta di Sedan e il conseguente crollo dell'Impero.
"Il Denaro" apre il cammino a quest'incipiente fine che ha come origine l'ambiente finanziario, dove la sua catastrofe prefigura quella militare. Ma il "denaro" che dà il titolo al romanzo non ha qui la funzione di patrimonio da accumulare e tutelare nei secoli ma prodotto di quella febbre per gli affari, per l'effluvio di dissipazioni delittuose, per le rischiose speculazioni che hanno come centro il desiderio, portato fino alla nevrosi, di dominare il mondo della Borsa, cuore di tutte le miserie e delle fortune che accecarono gli ultimi anni del regno di Napoleone III.
Il romanzo diventa poi un affresco più ampio,storico, culturale e sociale, volto a raffigurare quei primi cenni di antisemitismo e i traffici verso l'Oriente che avrebbero preannunciato le oscurità del primo Novecento.
La vicenda si apre a Parigi nel 1864, concludendosi nel 1869.
Antieroe protagonista del libro è Aristide Rougon, uomo corroso dalla ereditaria bramosia del denaro che ama veder scialacquare in imprese folli e distruttive.
Truffatore senza scrupoli (cambia nel frattempo il suo cognome in Saccard per poter essere più facilmente favorito dal fratello Eugène, ministro dell'imperatore), dopo aver evitato di poco il disastro finanziario in una speculazione edilizia¹, si lancia nel mondo della Borsa fondando la Banque Universelle, nel suo sogno la più grande banca cattolica capace di abbattere l'alta finanza ebraica e, attraverso nuove rotte commerciali con l'Oriente, conquistare l'Asia per il papato. Grazie ad appoggi aristocratici, all'ingegnere Hamelin (incaricato per i rapporti con l'Oriente) e alla sua buona sorella Madame Caroline, la Banque Universelle parte da un credito di venticinque milioni di franchi divisi in cinquecento azioni. Ma se da principio questa, godendo di una certa stabilità dovuta ad una guida saggia e sicura nel fermento causato dall'Esposizione Universale, riesce ad imporsi facendo scricchiolare i patrimoni di tanti banchieri ebrei, dopo, con la pericolosa compravendita delle azioni da parte di Saccard e seguaci, utilizzando i cosiddetti "uomini di paglia" e l'eccessiva ondata speculazioni, la catastrofe arriva mietendo vittime nei vari ceti sociali: il fatuo benessere che si era colto era posato su un edificio destinato già a crollare per il troppo esubero.
Si è portati a valutare gli ultimi volumi del ciclo dei Rougon-Macquart come dei romanzi minori dello scrittore, meno conosciuti, dove il genio letterario si era andato esaurendo con l'età e con una saga famigliare troppo estesa. Eppure stando a questa lettura "Il Denaro" è ancora un imponente libro che non ha nulla da invidiare a "Nana", "L'Assommoir" o "Germinal"; si tratta di un'opera molto più tecnica, anche per via dell'ambiente dove è concentrata, che riesce ad approdare in tematiche storiche, sociali, politico-filosofiche, a partire da un fatto di cronaca.
Èmile Zola prese spunto dal fallimento nel 1882 dell'Union Généralle, banca d'ispirazione cattolica il cui disastro divenne uno dei più grossi scandali del Secondo Impero e di cui vennero accusati senza la minima attinenza i banchieri ebrei, presi poi di mira nei ceti cattolici (l'affare Dreyfus scoppierà qualche anno più tardi), fomentando l'odio semita.
Al momento della stesura era in atto lo scandalo di Panama ma i molti riferimenti storici vanno dalla spedizione in Messico, la terza guerra di indipendenza italiana, passando per l'Esposizone Universale del 1867, all'imminente guerra franco-prussiana.
Baccanale preposto a sfruttare il momento storico è il binomio Banca-Borsa, fulcro degli incrementi e delle perdite di denaro, di influenze, corruzioni, lotte di classe, dissipazioni di fondi. Zola ne illustra minuziosamente i meccanismi speculativi, affaristici, fino a descrivere vere giornate di sedute, azioni legali ed illegali, liquidazioni, compravendite, mentre il tracollo della Banca di Saccard è immaginato come un campo di battaglia a fine guerra, pochi superstiti, vinti mutilati, morti.
Questa visione apocalittica non ha nulla di paradossale: il compito che si prefiggeva l'autore non era di inserire una vicenda privata in un contesto borsistico ma mostrare gli effetti devastanti del denaro (o della mancanza di esso); dove se da una parte apporta ad una vita degna, all'educazione e alla possibilità di creare un bene comune <<il concime con cui crescere l'umanità del futuro>>, dall'altra, con la sua attività frenetica, avvelena e distrugge l'essere umano.
<<All'indomani dell'Esposizione, in una Parigi ebbra di piaceri e potenza, si viveva un momento unico, un momento di fiducia nel benessere, la certezza di una buona sorte illimitata. Tutti i titoli erano saliti, i meno solidi trovavano acquirenti creduli, una pletora di affari putridi intasava il mercato, lo congestionava fino all'apoplessia, mentre, sotto, rimbombava il vuoto, il reale esaurimento di un regno che aveva molto goduto, spendendo miliardi in grandi opere, ingrassando istituti di credito faraonici, le cui casse spalancate si squarciavano da tutte le parti>>.
Il sistema ideato da Saccard, marionettista dominato dalla passione in rivalità con il banchiere ebreo Gundermann guidato dalla logica, si inoltra anche nelle vite di venti personaggi, il ribassista Moser, il rialzista Pillerault, l'usuraio Bush, la fredda baronessa Sandorff, il mercante di seta in bancarotta Sédille, le contesse di Beauviller che ostentano una ricchezza ormai persa, la principessa d'Orviedo con la sua inutile generosità, lo stesso Eugène Rougon vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro, pronto a concedere più libertà pur di non perdere la sua posizione, fino ad arrivare alle ambigue figure provenienti dalla pubblicità e dal giornalismo, non meno corrotti, tutti stritolati da tare ereditarie e società, nelle analogie tra denaro e libido (causa della sconfitta di Saccard). Unico a salvarsi dal girone infernale è il giornalista Jordan (cammeo dell'autore agli esordi) che vive del suo lavoro, di fatica e speranza.
Romanzo moderno "Il Denaro" stupisce per la correlazione con il nostro tempo, per tutti quegli apparati descritti che oggi dominano la realtà: in uno dei passi più belli del libro lo scrittore francese mette in bocca alla contessa di Beauviller l'evocazione dei tre elementi di scambio su cui si sono rinnovate di volta in volta le sorti della storia: il baratto, la terra, il denaro e, ultimo in nome del progresso, il mercato azionario.
Se il trionfo del capitalismo cade su se stesso anche le teorie socialiste (marxiste) vengono condannate per il loro pensiero utopico e pericoloso di porre su un unico livello tutti gli uomini, non tenendo conto delle diverse intelligenze e individualità, creando una sorta di dittatura inconsapevole.
Ma il destino dell'essere umano, le cause del peggioramento del suo status sono veramente da ricercare fra i fattori del denaro, del potere, o più da intravedere nel cuore dell'uomo? Questo è l'interrogativo che si pone Zola.
<<E, al ricordo della vergogna che aveva provato per la sua relazione con Saccard, pensava alla spaventosa sporcizia che imbratta anche l'amore. Perché far portare al denaro il peso delle porcherie e dei crimini che provoca? È davvero meno sudicio l'amore, quell'amore che crea la vita?>>.
M.P.
¹Vicende presenti nel secondo volume della saga, "La Preda".
Libro:
"Il Denaro", E. Zola, Mondadori.
Non ho ancora letto nulla di questo autore, ma presto o tardi mi piacerebbe colmare questa mia lacuna letteraria :)
RispondiEliminaQuesto scrittore merita di essere riscoperto come dovrebbe!
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