Quando la cultura latita e muore la parola.


Il sette gennaio di questo anno, l'Istat ha individuato l'andamento culturale italiano dell'anno 2015 appena passato. Niente sorprese o sconcerti : l'Italia è un paese che va verso un imbarbarimento intellettuale nelle sue varie fasce generazionali, da quelle più giovani alle più anziane.
Oltre la metà della popolazione non ha mai sfogliato un quotidiano o si è poco informata su eventi o fatti del giorno, sei persone su dieci non hanno mai letto un libro, solo il 45.5 % riesce a leggere almeno tre libri all'anno e dato ancora più turbante, vengono ignorati perfino mostre, musei, concerti, teatri.
Si potrebbe trovare come capro espiatorio questa maledetta e perpetua crisi, che blocca ogni settore dell'economia; gli italiani fanno fatica a sopravvivere degnamente, figurarsi a migliorare la propria cultura o emozionarsi davanti al bello; "La disoccupazione, scriveva Emile Zola, non si accontenta di vuotare il cassetto dei risparmi, esaurisce il coraggio, abitua all'accidia."
Ma ecco viene svelato l'inganno, ogni premura si dissolve davanti a dati riassumenti che nonostante tutto siamo un paese avanzato in fatto di tecnologie, passiamo più tempo al computer tra social e applicazioni di messaggistica varie. Insomma siamo connessi con quante più persone possibili, eppure solitari nelle nostre case e poco inclini alla condivisione, agli scambi di opinione,all'ascolto, alla parola.
Non mi permetterei mai di demonizzare con ciò la potenza di internet o dei cellulari, visto che anche io ne faccio uso e inoltre, come blogger, mi si ritorcerebbe contro, ma vorrei far notare come la poca cultura stia influenzando immancabilmente le nostre vite.

Corey R.Tabor

Lavoro da poco o più di dieci anni a stretto contatto con il pubblico e chi come me si trova a confrontarsi giornalmente con le persone avrà certo constatato il difficile sforzo di interagire verbalmente con le suddette.
A volte dopo aver inutilmente pronunciato il mio "Buongiorno!" senza cortesia di  risposta, debbo cacciare le parole di bocca al cliente, ricevendo solo poche parole smorzate e non sempre comprensibili, a volte penso di non farmi capire o non essere capita, ma tra italiani non dovrebbe essere arduo. Capita che la persona in questione articoli perfino suoni indeterminati.
Le cose non vanno bene nemmeno nella forma scritta. Nell'androne del mio condominio, l'amministratore da anni propina avvisi in bacheca che devo leggere e rileggere, vista la mancanza di punteggiatura e un profluvio di frasi non chiare.
Non scrivendo più lettere siamo abituati a comporre testi sempre più stringati e abbreviati con lettere come la k e numeri. Nelle nostre ricerche il computer ha sostituito le care enciclopedie, ove rintracciando il nostro personaggio storico o un vocabolo, trovavamo altri personaggi da scoprire, altre parole da imparare.
Anche per quanto riguarda la scuola nutro una forte diffidenza per i nuovi metodi : vedo la mia cuginetta di nove anni riscrivere frasi banali e con poco senso quando, la mia generazione doveva scrivere pagine e pagine delle lettere dell'alfabeto, riproducendole in maniera impeccabile, oltre ad imparare a memoria poesie e filastrocche di Rodari.
E questo è solo ben poco rispetto a ciò che accade oggi e di cui non ci accorgiamo nemmeno.
Si sta assistendo, in definitiva, ad un imbruttimento della nostra lingua, così dolce nella sua pronuncia e bella per le sue molteplicità e di conseguenza ad un impoverimento nella comunicazione, e la colpa dove la si può trovare se non nella latitanza della cultura?
In un paese dove le biblioteche chiudono, le scuole cadono a pezzi non solo nella struttura fisica bensì pure morale, dove i luoghi di interesse giacciono sepolti da muschi e erbacce, proprietà di avidi politicanti, dove si impostano insulsi e abominevoli processi alla libertà di parola, come avvenuto allo scrittore Erri De Luca, e per ristrutturare patrimoni mondiali come il Colosseo o Pompei si avviano palleggiamenti tra enti, regione e provincia. Quale esempio si può dare al nostro popolo? Dove ci vogliono imbavagliati, chiusi di mente e conformisti, perché la cultura fa paura, perché la cultura è espressione di sopravvivenza; il pensiero, le idee, la parola smuovono barriere, confini, ottusità, maschere, dittature, omertà, corruzione, terrorismo, pregiudizi, egoismo.
Il silenzio è chiusura, la parola apertura e libertà.




M.P.

Commenti

  1. Sagge, sagge parole. Quella della lingua è un problema enorme da non sottovalutare. E dire che io non sono una purista della lingua, sono molto aperta alle sue innovazioni e alle sue trasformazioni, dato che è questo che distingue una lingua viva da una morta. È specchio delle nostre realtà, e come tale non può che evolversi costantemente. Il problema è che spesso più che un'evoluzione sembra un'involuzione. (Caliamo un velo pietoso sugli avvisi condominiali, poi... Ci sarebbe da scriverci un romanzo su)

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    1. E' quello che volevo dire... e purtoppo si manifesta anche nelle piccolezze.

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  2. Completamente d'accordo sia con te che con Penny: siamo di fronte ad un vero e proprio imbarbarimento, che ci sta facendo perdere tantissimo del terreno faticosamente conquistato con la diffusione dell'istruzione e della cultura iniziata negli anni '60-'70: dalla tv che trasmetteva programmi per alfabetizzare siamo passati ad una tempesta mediatica dove la lingua viene bistrattata e di questo ci si fa addirittura un vanto. Come ho detto spesso, pare quasi che l'espressione corretta (ma ciò vale più in generale la ricerca dell'arricchimento culturale) sia percepita come qualcosa di anti-democratico, cosicché diventa affermazione di libertà e giustizia sociale un'espressione non solo scorretta ma addirittura svuotata, in cui non si riconosce nemmeno l'associazione significato-significante di termini più che basilari. Di qui il generale decadimento culturale, giacché espressione e padronanza dell'argomento vanno spesso di pari passo. Paradossalmente, viviamo in una parte di mondo in cui proprio le tecnologie e i servizi dovrebbero portarci al miglioramento e alla condivisione, invece sono diventati ciò che di più becero può esistere, cioè mezzi per chiudersi in se stessi ed esigere dal proprio intelletto il meno possibile. "O tempora, o mores" mi verrebbe da dire, ma un simile grido parrebbe quasi una resa, e di rese ne stiamo vedendo troppe nelle continue sottrazioni che portano il livello culturale medio a livelli strazianti (sto ancora cercando di assorbire lo shock di due giorni fa, quando, alla domanda "Cosa accadde nel 1492 di così importante da segnare convenzionalmente la fine del Medioevo?", uno studente mi ha risposto "La prima Guerra mondiale").

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    1. Oh mamma...! E' vero che siamo caduti troppo in basso, perfino le cose più certe sono decadute!

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  3. E' tutto così...triste. Sì, scusate, non so come altro definire questo stato di cose. Siamo chiusi in noi stessi, non sappiamo più cosa vuol dire comunicare, nè nella forma ma neppure nella sostanza. Culturalmente c'è stata una involuzione che non mi spiego, perché non si può dare solo la colpa ai social network che hanno disattivato i nostri neuroni. Le radici di questo scempio sono da ricercare altrove...ma dove? Cerco di rispondermi da tanto tempo. Perché questo disinteresse alla conoscenza? Perché non siamo più curiosi di nulla?
    Scusate forse sono andata un pò fuori tema...
    Paola

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    1. Non stai fuori tema Paola. Purtroppo cercare la causa è difficile : noi, chi ci governa, la società... ma la soluzione per ora non si vede e penso non si vedrà per molto.

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  4. Quoto anche le virgole del tuo scritto. L'abbassamento del livello culturale porta con sé anche la perdita del senso estetico, impedisce la percezione del bello in tutte le sue espressioni. Intorno vedo un brutto dominante che si è impossessato del senso comune e che dilaga nel modo di parlare, di vestire e di mangiare. L'impressione è quella di un rilassamento che conduce ad un livellamento verso il basso, più semplice da raggiungere rispetto alla fatica del rigore che spesso la bellezza impone.
    E non posso fare a meno di legare questo fenomeno alla decadenza degli studi umanistici, i soli in grado di insegnare l'etica, di formare la morale e di educare alla bellezza non solo come gusto estetico, ma come categoria dell'anima. La legge di mercato ci sta ammazzando l'anima.

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    1. Sante parole Annalisa. Si riscontra purtroppo un lento decadimento della bellezza e dell'intelletto.

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