"Stoner" di John Williams


Eravamo tutti e tre insieme e lui disse qualcosa, qualcosa sul fatto che l'università è come un ospizio, un rifugio dal mondo, per gli infelici, gli storpi. Ma non alludeva a Walker.
Dave avrebbe consierato Walker come... come il mondo esterno.
E noi non possiamo lasciarlo entrare. Perché se lo facciamo, diventeremo come il mondo, altrettanto irreali, altrettanto...


Yann Kebbi per "Stoner"


Sono contenta di essere arrivata alla conclusione dell'anno con la lettura di "Stoner" di John Williams (1922-1994), un romanzo che si concentra nel microcosmo di una vita soltanto, come le altre che ho attraversato in questi mesi ma quella di "Stoner" nella sua pura semplicità, è stata resa "unica" e forse per questo più vicina a noi, ai lettori e più cara a me in questi ultimi scampoli dell'anno.
Pubblicato nel 1965, rimase per ben quarantuno anni nell'anonimato e solamente ad una seconda ristampa (2006) avviata dal "New Yorker Review Books Classics", il romanzo ha potuto godere di una piena rivalutazione, diventando in breve tempo tra i più letti e popolari di inizio secolo, cominciando da un passaparola repentino e mediatico e seguito da apprezzamenti da parte di pubblico, critica e scrittori.
Se Richard Yates condannava l'ossessione tutta americana per le trame a lieto fine, John Williams ne avrebbe aggiunto quella per le "storie poderose", quel mondo di vite illustri o ricche di sconvolgimenti ed esaltazioni che avevano precedentemente condito la letteratura americana degli anni '20 e '30.
Se in "Stoner" si riconoscono elementi autobiografici o simili di questo sfortunato scrittore americano dal successo tardivo, professore di letteratura inglese, amante del mondo classico e medioevale, che in un'altra esistenza avrebbe sognato di personificare un imperatore romano, Williams ha raccontato qui la vita di un uomo, senza troppi sogni o gravità incurabili, senza che i subbugli storici imperversanti nella sua epoca influenzassero troppo il suo cammino, ma un ritratto di una stoica sopportazione, vissuta nella salvezza e nel conforto di grandi amori.


Il libro si apre con una breve introduzione, dove l'autore riassume in poche righe la storia a cui il lettore si sta apprestando a leggere; osa un'operazione che noi oggi chiameremo di spoiler, quasi a rafforzare la sua volontà di scrivere una vicenda attinente alla più semplice e vera quotidianità, sottraendosi agli artifici stilistici e strutturali di un tipico romanzo.
William Stoner è figlio di una povera famiglia contadina del Missouri; è destinato a lavorare la terra come i suoi antenati avevano fatto prima di lui ma per volere dei suoi genitori, è stato iscritto alla facoltà di agraria dell'università di Columbia.
Con il suo carattere timido e riservato, Stoner riesce comunque a cavarsela negli studi, pur non essendo molto preso, fino a quando, durante una lezione di letteratura inglese, davanti alla declamazione del sonetto 73 di Shakspeare, si innamora della poesia.
Optando poi per la facoltà di letteratura inglese, Stoner passa tutta la sua vita nell'università, conseguendo la laurea, il dottorato e infine la cattedra. Pur investendo la sua passione e il  cuore onesto, non ottiene un incarico prestigioso, stringe amicizia solo con due persone, sposa una donna bella ma fatua, che non gli dona nessuna soddisfazione ma lamentele e rivendicazioni e il rapporto solidale e complice con la figlia arriva a deteriorarsi col tempo e uno smacco ricevuto da un collega gli procura solitudine ed umiliazioni.
Stoner raccoglie brevi istanti di serenità nelle lunghe ore passate chino sui libri, nell'insegnamento, osservando la luce e le ombre prodotte dalla colonne della Jess Hall, nel ritorno agli amati studi e in un improvviso amore tardivo.
E quella che agli occhi di un altro potrebbe sembrare una vita piatta e mesta, è per William Stoner la sua vita e l'accettazione di essa, che attraversa gli anni, le stagioni, le epoche, la storia, le generazioni e non meno di esse è importante, pur nel suo anonimato.

La vicenda si sviluppa nell'arco di quarantasei anni, comprendendo la prima giovinezza fino alla morte del personaggio.
Se sul piano iniziale è la vita del protagonista a fuoriuscire con la sua stoica sopportazione e la sua aderenza alla realtà più comune (che di per sé presenta già per questo la sua originalità), nel profondo è una dichiarazione d'amore per i libri, la letteratura, la conoscenza.
William Stoner sfugge alla drammaticità dell'esistenza e alle incombenze del suo tempo, trovando rifugio nello studio e nell'amore per esso, che sopravviverà con costanza e tenacia fino alla morte.

J. E. Williams

 L'amore per la letteratura non rimane scisso dalla sua vita ma si trasfigura nell'amore fisico per una giovane professoressa. L'insieme di questi amori (mentale e fisico) rendono di minore importanza le superficiali amarezze.
Se l'amore dilata il respiro di William Stoner , la morte giunge rapida e si conclude anonima nella sua stanza. Ma negli ultimi istanti quando la riflessione della sua vita poco generosa di felicità si fa largo nei suoi pensieri, un'epifania lo sopraggiunge: che anche una vita senza pretese merita di essere vissuta.
Il passo che merita di essere citato per il suo non scontato significato, è l'incontro tra Stoner  e lo studente Charles Walker, appassionato dei poeti romantici inglesi.
Walker disprezza la poesia degli autori antichi e medioevali, minimizza la loro influenza sui successori, sostenendo invece i primi.
In una accesa oratoria, tutta enfasi e priva di concretezza, Walker espone questa tesi che viene ribattuta dalla difesa dei valori del mondo classico illustrati dall'insegnante americano, che si fa portavoce della predilezione per la grammatica che regola non solo l'insieme delle parole ma anche il pensiero dell'uomo. Inoltre il protagonista ci dice che Walker è pigro e disonesto e quindi incapace di trasmettere la vera qualità dello studio.
"Stoner" è tutt'ora considerato un "romanzo perfetto", dallo stile essenziale ma ricco di poesia, simbologie, visioni; il background risente delle tematiche tipicamente americane (il proibizionismo, le guerre mondiali, l'alcol) mentre la trama se ne discosta.
Il sonetto 73 di Shakespeare  che inizia alla letteratura il protagonista, appare come leit-motiv dell'opera; un sottofondo profetizzante le gravità umane dell'esistenza umana: la vecchiaia, la morte e il superamento si di queste dell'amore.
Anche per ciò si trasmette un forte impatto empatico tra le vicissitudini di Stoner e il lettore: mediante il sonetto, William Stoner scorge la verità della vita e noi con i suoi occhi facciamo altrettanto, lasciandoci scappare d'improvviso le parole: «Anch'io sono Stoner».
Si potrebbe quasi creare un parallelo tra il romanzo e "La Morte di Ivan Il'ič" di Tolstoj, ma se da una parte lo scrittore russo ci ha indirizzato su come una vita debba essere vissuta pienamente per non aver paura della morte, John Williams ci regala un conforto ancora più grande: anche dopo la nostra morte, le tracce che abbiamo lasciato su oggetti o volti, continueranno a vivere anche per altri, in modo da non dover mai sbrogliare del tutto il significato della vita.

Oltre il torpore, l'indifferenza, la rimozione, quell'amore era ancora lì, solido e intenso. Non se n'era mai andato. In gioventù l'aveva dato liberamente, senza pensarci; l'aveva dato a quella conoscenza che gli era stata rivelata - quanti anni prima? - da Archer Sloane. L'aveva dato a Edith, nei primi, ciechi, folli anni del corteggiamento e del matrimonio. E l'aveva dato a Katherine, come se fosse stata la prima volta, e forse l'aveva dato più pienamente proprio quando non si rendeva conto di farlo. Non era una passione della mente e nemmeno dello spirito: era piuttosto una forza che comprendeva entrambi, come se non fossero che la materia, la sostanza specifica dell'amore stesso. A una donna o a una poesia, il suo amore diceva semplicemente: Guarda! Sono Vivo!


M.P.




Libro:

"Stoner", J. Williams,   La Biblioteca di Repubblica - L'Espresso - Fazi Editore


Commenti

  1. Io ho amato particolarmente questo romanzo. Sebbene sia un po' lento, stilisticamente parlando, è ricco di sentimentalismo e questo mi ha fatto amare questa storia :)

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    1. Come ho già scritto nasce un'empatia fortissima con il personaggio: è questa soprattutto la sua fortuna e la sua grandezza. Stoner siamo noi.

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  2. Ho in programma di leggere Stoner nei prossimi giorni e ho altissime aspettative: spero non vadano deluse!

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    1. Non credo; è un romanzo sull'amore per l'insegnamento, i libri, la conoscenza e la vita. Fammi sapere!

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