"Il Cavaliere Inesistente" di Italo Calvino


<<Il cavaliere non fece nessun gesto; la sua destra inguantata d'una ferrea e ben connessa manopola si serrò più forte all'arcione, mentre l'altro braccio, che reggeva lo scudo, parve scosso come da un brivido.
- Dico a voi, ehi paladino! - insisté Carlomagno.
- Com'è che non mostrate la faccia al vostro re?
La voce uscì netta dal barbazzale. - Perché io non esisto sire>>.


@Appuntario

Così, alla mia ragguardevole età, mi trovo ad iniziare un libro di Italo Calvino (1923-1985). Non che non mi sia mai imbattuta in un suo testo, anzi, devo ammettere che gli ho sempre girato intorno.
Da piccola avevo leggiucchiato Marcovaldo, non rimanendone comunque entusiasta, poi lungo il percorso scolastico è rimasto per me solo un grande nome della letteratura mai affrontato veramente, fino ad un soggiorno passato qualche anno fa nella residenza al Circeo che fu dell'attrice e scrittrice pesarese Elsa de' Giorgi (1914-1997) con la quale l'autore ebbe una intensa relazione nella seconda metà degli anni Cinquanta. Incuriosita dalla loro storia, risaputa dai più e anche per questo ancora celata dalle cronache come il loro carteggio, ho letto il libro di memorie dell'attrice, e attraverso questo scritto mi sono affacciata per la prima volta sul mondo di Calvino.
Questo è un inizio e come tale presento una recensione prettamente personale, senza una conoscenza o uno studio approfondito, senza aver ripescato vecchi libri di letteratura, ma da semplice lettrice.
"Il Cavaliere Inesistente" (trovato su una bancarella di Ariccia in questa bella edizione del 1960), fu pubblicato nel 1956, ed è il terzo ed ultimo capitolo della trilogia araldica che l'anno successivo rientrerà nella raccolta "I Nostri Antenati", insieme al "Il Visconte Dimezzato" e "Il Barone Rampante".
Diversamente da questi, ambientati nel Settecento, con "Il Cavaliere Inesistente" Calvino torna ancora più indietro nel tempo, collocando le vicende del cavaliere dalla vuota armatura ai tempi di Carlomagno e delle crociate, dove questo errando per l'Europa alla fine di riscattare l'onore e un nome, diventa il simbolo dell'alienazione e di una ricerca d'identità dell'essere umano contemporaneo.


Nell'esercito del potente re dei Franchi, l'imperatore Carlomagno, schierato per combattere gli infedeli, oltre ai nomi altisonanti di Orlando, Astolfo, Rinaldo, compare con la sua bianca e splendente armatura Agilulfo, un cavaliere che non esiste.
Agilulfo, non esistendo, invidia e al tempo stesso disprezza le debolezze che trova negli sciatti accampamenti dei paladini: il sonno, la gola, la lussuria, l'amicizia, sopperendo a questi stati con il suo rigore di logica,precisione sistematica, l'adempimento letterale al più stretto senso del dovere e della morale, che raggiungono una condotta formale e pedante agli occhi degli altri cavalieri.
Sicuro e forte dei suoi alti e sacri principi, Agilulfo viene infine costretto a ritornare sul suo passato per confermare ancora una volta davanti all'imperatore la veridicità del suo nobile stato di paladino.
Parte in missione insieme al fedele e incosciente scudiero Gurdulù, e inseguito dalla bellissima Bradamante, cavaliere donna a sua volta seguita dal giovane ed ardente Rambaldo innamorato di lei.
A queste tre storie si incrociano quelle avventurose del nobile Torrismondo, in cerca delle sue vere origini.

Durante la lettura sono stata attraversata da diversi stati d'animo, pensieri, e al piacere della lettura si è aggiunta la sorpresa o meglio il continuo sorprendermi fra le sue pagine. È come se avessi avuto davanti un planisfero infinito e atemporale, poggiato unicamente sull'essere umano.
Nel romanzo si manifestano chiari echi dei poemi cavallereschi che forse l'autore amava tanto: Ariosto, Tasso, Cervantes, che configurano l'ambientazione, i motivi dell'opera, ma tutto il restante (sentimenti, azioni, dialoghi) vanno ad affluire nell'esistenza dell'uomo contemporaneo.
Agilulfo, il cavaliere che non esiste, diventa il riconoscimento della condizione dell'uomo di oggi, la sua alienazione, mancanza di comunicazione, burocrazia, snobismo intellettuale, ma non è un personaggio totalmente negativo perché il confine tra l'esistenza e l'inesistenza (il confronto tra Agilulfo e gli altri personaggi) è labile: si può esistere e scegliere di non esistere, abbandonarsi o sentire il bisogno di aggrapparsi a delle realtà concrete, come quando Agilulfo crea con ciò che trova forme geometriche per scacciare l'incertezza e l'incoerenza di un momento.


 Forse la forma più riprovevole (e pericolosa) è nella rappresentazione dei Cavalieri del Sacro Ordine del Gral, uomini che uniformandosi col tutto perdono la capacità di prendere una coscienza, dissolvendo la propria individualità, e sottomettendosi a violenze e insensatezze inumane.
Inversamente il popolo dei Curvaldi, dapprima assoggettato ai cavalieri del Gral, riesce a comprendere che dal coraggio può nascere una libertà interiore e fisica imparando anche "a essere".
In tutto il libro, tra le metaforiche peripezie di Agilulfo, Rambaldo e Torrismondo, ho trovato una incessante e profonda ricerca di identità e ancor di più di umanità che commuove e fa riflettere.
A renderla pienamente vi è la spinta del desiderio e della giovinezza (mai ridicolizzata) che caratterizzano i personaggi di Rambaldo e Bradamante, che seguono un cammino di maturità e consapevolezza.
L'espressione del loro amore è il passo più bello e confortante, il cui apice si coglie "nello struggimento, nel dolore di ritrovare l'amato, nel combattere l'assenza, la distanza".
La narrazione esposta mediante la penna di una suor Teodora, è immagine della futile importanza di chi scrive, perché ciò che permane e quel sottile parallelismo esistente tra il libro e la vita, la scrittura come salvezza del futuro.




M.P.






Libro:

"Il Cavaliere Inesistente", I. Calvino, Einaudi



Commenti

  1. Mi piace tanto Calvino. Ho letto Se una notte d'inverno un viaggiatore, che mi colpi dvvvero molto. Ma questo purtroppo non l'ho ancora letto 🤗🤗🤗

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    1. Ora che ho iniziato certo continuerò con le sue opere e magari proprio da quello da te citato!

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  2. Che bello leggere Calvino anche attraverso gli occhi di altri lettori: i suoi romanzi sono sempre piacevoli, pregnanti e suggestivi, anche dopo tante letture e, anzi, sempre di più dopo ciascuna. Ti consiglio di continuare con gli Antenati, prima di passare alle opere postmoderne, per osservare meglio i suoi cambiamenti (e magari di recuperare il primissimo "Il sentiero dei nidi di ragno"). :)

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    1. E pensare che avevo un brutto rapporto con Calvino! Ora, forse perché anche più matura, riesco a capirlo ed apprezzarlo meglio. Grazie del consiglio Cristina, se lo dici tu allora continuo con la trilogia e metto in lista il suo primo romanzo.

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