"Piccole Donne" (2019) di Greta Gerwig


"Ho attraversato molte difficoltà, perciò scrivo storie allegre." (L. M. Alcott)


"Piccole Donne" (2019), G. Gerwig

Il nove gennaio, come previsto, è uscito nelle sale italiane (in America la prima proiezione è stata anticipata alla vigilia di Natale dell'anno appena trascorso), l'atteso adattamento cinematografico del più celebre romanzo della scrittrice americana Louisa May Alcott (1832-1888), "Piccole Donne" (1868).
Già nel post relativo di dicembre avevo scritto come stando alle notizie lasciate trapelare e alla visione del trailer pubblicitario, il film sembrava annunciare un prodotto di livello superiore rispetto ai precedenti e dove il messaggio in chiave femminista si faceva molto più moderno e più forte.
Appena sono riuscita a ritagliarmi un poco di spazio libero, sono andata, (curiosa ed emozionata da fervente alcottiana) con le persone a me care, a godermi questo film su cui tanto è stato detto.
Senza forzature posso dire che le aspettative non sono state deluse e anzi hanno superato le mie prime impressioni.
Diretto dalla regista statunitense Greta Gerwig ("Lady Bird", 2017), "Piccole Donne" abbraccia i primi due volumi della quadrilogia riguardante le vicende delle quattro sorelle March.
La Gerwig si è rapportata non solo al testo ma ha svolto una importante ricerca-indagine sulla vita dell'autrice, i suoi scritti privati, ricostruendo tassello per tassello una dramma famigliare, un quadro storico e sociale dell'America durante e dopo la Guerra di Secessione, di quel mondo nuovo che stava gettando le basi per il suo ingresso nell'era moderna, soprattutto visto attraverso gli occhi delle giovani donne.
Avvalendosi di un cast di tutto rispetto (tra attori di lunga data e giovani emergenti), la produzione ha avuto il coraggio di fare ciò che nessuno prima aveva realizzato: scandagliare il romanzo lasciando emergere ciò che non era stato scritto o appena accennato, il dolore, la ribellione, il senso di solitudine, la transitorietà di caratteri e di tempi, sviluppando una composizione corale che è una celebrazione all'espressione femminile.
Il film non segue parallelamente il testo, come nelle vecchie trasposizioni, ma si muove alternando due piani, quello della finzione, con gli episodi più conosciuti che tanti lettori hanno amato, e uno reale, vicino alla vera vita della Alcott, delle sue sorelle e delle problematiche sociali e di pensiero che le donne dovevano affrontare lungo il difficile cammino per l'emancipazione, la lotta di potersi realizzare con le proprie aspirazioni, ricercare un'identità nel mondo e appartenere a se stesse potendo anche rinunciare allo stereotipo di moglie e madre. Due piani che si intersecano tra di loro dando vita ad un affresco, questa volta e finalmente, completo, attuale e senza tempo.
Una pellicola più amara e riflessiva che contempla il fallimento dei desideri, dell'indipendenza e felicità agognate, il rifiuto del peso del tempo e della morte, il grave passaggio dai sogni alla realtà, dall'adolescenza all'età matura, il tramonto di un'epoca e l'alba di un'altra.
Anche l'amore che nel romanzo ha involontariamente illuso tanti lettori, ritrova qui il suo giusto passo indietro, concedendo maggiore andamento alle personalità e alle vite delle protagoniste.

 << Le donne hanno una mente, hanno un'anima e non soltanto un cuore! Hanno ambizioni, hanno talenti e non soltanto la bellezza! Sono così stanca di sentir dire che l'amore è l'unica cosa per cui è fatta una donna, sono così stanca di questo>>.

Meg (interpretata dalla brava Emma Watson) è a mio dire la migliore Margaret March apparsa sullo schermo: il suo ruolo riveste una femminilità coraggiosa e sofferta insieme, che lascia intravedere i compromessi della quotidianità, i silenzi e le speranze a volte disattese della vita matrimoniale. Beth (Eliza Scanlen) viene rappresentata finalmente come una ragazza piena di vita, talentuosa musicista, attorniata da bambole e fiori, consapevole che il suo sacrificio è il più grande. Amy (Florence Pugh) è una giovane ferma, determinata, ritratta nel suo contrasto tra il voler diventare un'affermata artista e il posto che la società le impone come donna-ornamento. Laurie (interpretato dall'astro nascente Timothée Chalamet) in questa versione è maggiormente fedele al romanzo con il suo aspetto efebico e indolente, anello di congiunzione tra le istanze del Nuovo e il Vecchio Mondo.

 Su Saoirse Ronan (Jo) pesava il difficile compito di sovrastare o almeno far dimenticare quella perfetta e inaccessibile interpretazione di Winona Ryder in Jo nel film del 1994, e con maggiore saggezza l'attrice irlandese è riuscita a ricavare invece una Jo diversa, lontana dal modello che questa ha sempre rappresentato. La Jo della Ronan incarna sì la vitalità, la giovinezza, la rivolta verso un ambiente femminile troppo stretto ma ne aggiunge lo struggente bisogno di essere amati, le mancanze e la paura della rassegnazione e della sconfitta, l'incertezza del vivere. È una Jo che affiora dalle pagine più viva e umana. Nel film la seconda delle sorelle March si eclissa dietro la sua creatrice che di volta in volta compare nelle sue mani stanche e tremanti macchiate di nero, nel furore della sua scrittura, nelle sue proteste inascoltate e in un finale sorprendente che certo le avrebbe fatto piacere.
Le due immagini che ho nel cuore in questo adattamento sono quando Jo corre trafelata per le strade di New York andando controcorrente e nella discussione con il professor Bhaer, dove Jo-Alcott denuncia l' "oppressione" da parte di una cultura paternalistica imposta sul mondo delle donne rivolgendogli un <<Tu non rimarrai, Jo rimarrà>>.
Il risultato è un capolavoro di intelligenza e di forza delle idee e della libertà, unito a delle bellissime scenografie, ai dialoghi, i due diversi ritmi narrativi, i costumi così caratterizzanti per ognuna delle sorelle, l'efficacia dei colori ed una esatta riproduzione di Orchard House¹ con le sue stanze, busti e i disegni della sorella minore della scrittrice
Chi ancora oggi crede nell'insensatezza e nell'anacronismo delle "Piccole Donne", con questo film dovrà ricredersi e prendere o riprendere in mano un libro mai superato, la cui storia avrà ancora da raccontare per altre generazioni di lettori, donne e uomini.



M.P.




¹La casa (oggi museo) della Alcott, dove scrisse il libro.

Commenti

  1. Il film mi incuriosisce, ma, al tempo stesso, desta in me il timore di una delusione; cerco però riconoscere che la tua e altre recensioni positive che sto leggendo attenuano almeno un po'questa preoccupazione. Del film del 1994 non ho apprezzato l'impostazione, la scelta di unire i due romanzi, perché Piccole donne crescono mi ha amareggiata (a differenza del romanzo che lo precede, non sono mai riuscita a rileggerlo), offuscando quell'aura sognante, fiduciosa e trepidante della vita delle giovanissime sorelle March. Quindi chissà...

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    1. Ti consiglio Cristina di vederlo a cuor leggero, penso sia (tralasciando l'adattamento) un film ottimo e curato... Poi la regista ha avuto un budget molto ristretto ed è comunque riuscita a farne un capolavoro.
      Riguardo a "Piccole Donne Crescono" posso dirti che se ti ha amareggiata allora ha colpito nel segno! Credo che sia tutto lì il motivo dell'opera, in quella distanza tra l'infanzia e la realtà adulta.

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  2. Concordo perfettamente con ogni parola scritta. È un film davvero molto bello, che colpisce non tanto per l'epoca in cui è proiettato quanto per i messaggi trasmessi ☺️☺️

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    1. Sicuramente pur non restando fedele in ogni riga del testo scritto il valore ne esce più chiaramente.

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  3. Questo articolo mi è piaciuto moltissimo, e vedrò senz'altro il film. Ho visto tutti gli adattamenti precedenti. Ammetto che "Piccole Donne" non era il mio libro preferito nella mia giovinezza, ma ho amato moltissimo Jo, naturalmente, e anche Beth. Trovavo pressoché insopportabili le altre due sorelle.
    Avevo approfondito lo studio della società americana all'epoca della Guerra Civile, per un mio romanzo, e ricordo con piacere anche gli splendidi allestimenti di abitazioni all'interno del Metropolitan di New York. :)

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    1. Grazie mille Cristina, avrei voluto anch'io vedere quelle ricostruzioni perché non riesco a fare a meno di introdurre un libro, un film, un dipinto in un particolare contesto.

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