"Debora" di Esther Kreitman Singer

<<Padre, e io che cosa sarò un giorno?>> aveva chiesto Debora all'improvviso, un po' per scherzo e un po'sul serio, poiché, per quanto riuscisse a ricordare, non le era mai toccata una parola di lode.
Reb Avrom Ber fu preso alla sprovvista. Tra gli ebrei osservanti era opinione consolidata che nella vita una donna potesse sperare in un unico traguardo: portare la felicità in casa, servendo il marito e dandogli dei bambini. Di conseguenza non degnò Debora neppure di una risposta; ma quando lei insistette, replicò semplicemente: <<Che cosa sarai tu un giorno? Niente, è ovvio!>>

Antonietta Raphaël


Nel saggio "Una stanza tutta per sé" (1929) Virginia Woolf (1882-1941) immaginava la fittizia vita di una certa Judith, sorella ipotetica di Shakespeare, scrittrice talentuosa e avventurosa quanto il fratello, morta senza tuttavia essere riuscita ad imprimersi nel mondo letterario. 
Con questo triste epilogo la Woolf non faceva altro che raccontare la biografia delle tante Judith vissute nel corso dei secoli, impossibilitate nella loro realizzazione artistica, economica, ostacolate nel raggiungimento di una indipendenza a loro negata per pregiudizio, sesso, sottomissione.
Eppure fra queste Judith abbandonate nel passato ci sono stati invece fulgidi esempi di donne uscite dall'anonimato, non senza sofferenze, come Esther Kreitman Singer.
Esther Singer (1891-1954) sorella maggiore dei ben più famosi fratelli Israel Joshua ("I fratelli Ashkenazi""La famiglia Karnowski", "Da un mondo che non c'è più") e Isaac Bashevis (premio Nobel per la letteratura 1978), fu la prima della famiglia ad iniziarsi alla lettura e alla scrittura nonostante le fosse proibito provenendo da una famiglia ebraica ortodossa.
Semianalfabeta, rancorosa per l'istruzione dovuta solo ai fratelli in quanto di sesso maschile, ribelle alla vita essenzialmente domestica alla quale era tenuta, fu costretta ad un matrimonio combinato con un tagliatore di diamanti, tale Kreitman, dal quale alla fine si separò.
Di lei ci rimangono pochi romanzi e racconti che ebbe il tempo di vedere pubblicati pur non conquistando la stessa fama dei fratelli.
Ancora oggi tra i cantori della perduta letteratura yiddish manca il suo nome.
Il suo primo romanzo fu pubblicato in yiddish nel 1936 sotto il titolo di "La Danza dei Demoni" e in inglese come "Deborah" nel 1946.
Opera semi-autobiografica si apre sulla Mitteleuropa verso la fine del XIX secolo inizio XX, fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, dove una giovane donna lotta per la sua emancipazione, scontrandosi però con le sue origini e la realtà storica della sua epoca.


Debora proveniente da una famiglia chassadica impoverita ma ferrea nella conservazione dei propri dettami e costumi, vive con il padre, rabbino della provincia polacca, onesto ma sciocco, e la madre, una donna eccezionalmente colta ma fredda e distaccata dagli affetti. Serva nella sua stessa casa, Debora viene sminuita dalla famiglia per la sua poca intelligenza, anche se non le è mai stato permesso di studiare, come invece è successo a suo fratello Mick (su cui pendono le più alte aspettative).
Relegata ad un mero ruolo passivo non può che esprimere la sua ribellione attraverso il corpo, in atteggiamenti, comportamenti compresi dai genitori solo come folli e nevrotici.
Quando la famiglia decide di trasferirsi nella grande e cosmopolita città di Vienna, la giovane trova la forza di perseguire la sua indipendenza, studiando, abbracciando la lotta socialista, innamorandosi, trovando comunque alla fine un muro di rifiuto, dalla società, dalla politica, dagli stessi esseri umani.
Sempre più mal sopportata e riconosciuta come un peso è costretta dalla sua famiglia ad un matrimonio con uno sconosciuto tagliatore di diamanti di Anversa, che ella accetta quasi come vendetta contro una disperazione certa.
Portata in una terra sconosciuta, in seno ad una nuova famiglia che non l'ama, Debora scopre di essere stata estirpata dalle sue radici, di non possedere più né passato né futuro.
Le notizie di una grande guerra non riescono a scuotere la donna dal suo vuoto presente e dall'accumularsi di bui e vorticosi pensieri.

Esther Singer muove il romanzo sotto la spinta di una questione femminile terribilmente attuale e urgente, tale che la vita della protagonista potrebbe combaciare con le donne che oggi soffrono e lottano nel mondo per i diritti a loro negati.
Non è semplicemente la descrizione di una sottomissione ideologica e culturale a dominare ma una acuta analisi psicologica della vita di una bambina e di donna poi all'interno di una realtà dove è impossibile svilupparsi, formarsi un benché minimo ruolo nel mondo.
Ed ecco che Debora mostra la sua ribellione nei gesti impulsivi, nei lunghi digiuni, nelle protratte notti insonni, nei momenti di dissociazione di sé (come nella scena finale del romanzo), nelle inascoltate richieste d'aiuto, nelle tormentate danze demoniache che affastellano i suoi pensieri, che portano allo svuotamento fisico e mentale del suo essere: comportamenti giudicati dagli altri se non come pericoloso sintomo di ritardo mentale e follia.


Esther Kreitman Singer
Non c'è salvezza per Debora né conforto, nemmeno nell'amore né nella comprensione umana: Shimen, l'uomo amato, non è un personaggio positivo, all'amore urgente e  possibile con la giovane preferisce l'impossibile ed illusoria lotta politica; l'incomunicabilità e l'opportunismo sovrastano le poche relazioni createsi.
Il titolo dell'opera suggerisce l'immagine di un lontano mondo domestico eppure le tematiche trattate (e il più giusto titolo originale) rivelano la raffinata cultura della sua autrice, aperta verso la religione, la politica, la società e le varie correnti storiche di quel periodo in un perfetto intreccio di micro e macrocosmo.
Sebbene nei romanzi dei fratelli Singer si rintracciano importanti notizie sulla condizione femminile è proprio qui che invece la vita triste ed insoluta delle donne ebraiche di origine ortodossa rivive e si mostra nelle sue fasi, cerimonie, rituali, obblighi, a volte surreali e incomprensivi. 
Se nei fratelli Singer la nostalgia si allinea alla critica verso quel mondo che non c'è più, in Esther Singer rimane solo quest'ultima e l'allontanamento da quel mondo, dandone una visione meno sentimentale.
E in questo rientra anche lo scopo del romanzo: dare al lettore una riflessione su una vita che sarebbe potuta essere e non è stata.


M.P.







Libro:

"Debora", E. Kreitman Singer, La Tartaruga Edizioni


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