"La Donna che amò Hitler" di Angela Lambert.


"Con una spiegazione un po' forzata, potremmo limitarci a dire che Hitler costituiva il destino di Eva, proprio come costituiva il destino della Germania : il modo in cui egli trattò questa giovane donna - prima ammaliandola, poi dominandola e infine distruggendola - riflette in piccolo il modo in cui sedusse e distrusse il popolo tedesco."


Eva Braun

Da sempre a rivaleggiare con gli amati romanzi classici, nella personale libreria, si trovano le biografie. Esse occupano uno spazio prestigioso e sono il frutto di anni di ricerche nelle varie librerie o bancarelle. Hanno per lo più come protagoniste donne riuscite a crearsi un posto nella storia, alcune più conosciute, altre dolorosamente dimenticate, eppur tutte da ammirare per il ruolo svolto in un mondo troppo stretto per loro.
Sapevo che con Eva Braun sarebbe stato diverso perché ci voleva molta oggettività e distacco nella lettura, non per ammirare, ma almeno per comprendere la sua figura che probabilmente fu un nulla rispetto a tutto l'orrore che accadde, ma che delineava assai bene quella vuotezza ed esasperazione del genere umano promulgati ed alimentati in quegli anni bui.

Pubblicata nel 2006 col titolo più appropriato di "La Vita Perduta di Eva Braun" dell'autorevole scrittrice e giornalista inglese Angela Lambert (1940-2007), già autrice di romanzi di successo, confermava l'attitudine tutta britannica nel saper raccontare con obiettività e finezza storica un personaggio, anche scomodo.
Il libro ripercorre la vita e la memoria di quel che fu prima l'amante e poi la sposa per un giorno¹ di Adolf Hitler (1889-1945). Una donna viziosa, nazista da capo a piedi, crudele ed indifferente alla vita. No. Contrariamente al nostro pensiero Eva Braun non fu questo. Era una brava ragazza bavarese con delle aspirazioni e dei sogni, anche se questi ultimi non coincidevano con la vita, ma con un destino di morte.

Nata nel 1912 a Monaco da una buona famiglia cattolica, sotto gli ultimi fuochi dell'imperialismo, cresciuta sotto le rovine di una Germania avvilita e vinta dopo la Grande Guerra, cullata da nenie e storie dal significato oscuro, Eva Braun era intelligente, vivace, appartenente alla nuova generazione di giovani che si affacciavano negli anni '20-'30, eppur restrittiva nei confronti delle donne, il cui scopo era quello di ritornare alle buone vergini e alle buone fattrici dopo il sopruso lavorativo ai danni del genere maschile durante il conflitto.
Lo incontrò quando diciassettenne, nel 1929, lavorava come commessa e apprendista presso lo studio fotografico di Heinrich Hoffmann. Non fu semplice diventarne l'amante fra tante donne affascinate dal suo carisma, eppure ella ci riuscì con caparbietà e pazienza. Se prima Eva risultava un mero oggetto sessuale, col tempo ne diventò la quotidianità. Nella residenza del Berghof (Baviera), dove si radunavano i gerarchi più fedeli, la giovane trascorse gli anni dal 1932-1945 tra passeggiate nei boschi, nuotate nei laghi, feste, immortalandosi in foto o in pochi minuti di pellicola, cambi d'abito e pettinature e lunghe ore di ginnastica per modellare il suo bel corpo. Una energia da cui scaturivano forza e vigore di giovinezza.
Un lusso ozioso contornato di superficialità e solitudine che contrastava con lo spirito combattivo ed esasperato dell'ideologia nazista.
Albert Speer² la definì "la donna più infelice di Germania" perché non era tutto oro quello che luceva.
La sua fu un'esistenza di contrasti, pur padrona di un piccolo rifugio, veniva sorvegliata ad ogni passo da qualche soldato o faccendiere, non aveva il permesso di muoversi né (umiliazione più grande), presenziare al fianco del suo uomo nelle cerimonie ufficiali. Silenziosa e nell'ombra, il suo scopo era di attendere giorni, a volte settimane il suo ritorno.
Ma sapeva essere ribelle nel suo piccolo : se in quell'epoca le donne non potevano comportarsi da uomini, ecco che lei si faceva vedere truccata mentre fumava, se il nazismo promuoveva unicamente canzoni popolari, atte a dimostrare la superiorità ariana, Eva si dava la jazz, dove si comandava l'emarginazione degli ebrei, lei andava a rifornirsi nei loro negozi di abbigliamento.
Tuttavia non era un'eroina, Eva amava veramente Hitler; in lui non vedeva il Führer ma l'uomo.
Il trenta aprile del 1945 quando gli alleati riuscirono a sfondare il bunker del Reich, trovando i pochi resti dei due corpi, non capirono chi fosse quella donna.
Se ne era andata nel silenzio, come era vissuta. Il suo ultimo gesto estremo passò inosservato e di lei si incominciò a parlare solo ai processi di Norimberga.

Durante la lunga lettura sorge spontaneo e inevitabile porsi delle domande : come poteva questa giovane donna essere attratta da colui che aveva piegato, nel secolo scorso, l'umanità intera?

"Ma le donne ingenue possono amare gli assassini, i torturatori, i violenti e gli stupratori - e i fondamentalisti religiosi e i politici corrotti - ed Eva amava Hitler. In tempi normali sarebbe stata semplicemente una donna gentile, generosa, sensibile, leale."

E se ciò non bastasse, psicologicamente si potrebbe dire che nell'essere umano, anche il più crudele, si possono trovare tratti amabili, a dimostrare al tempo stesso che non è mai "tutto bianco o tutto nero". Ed Eva questo vi scorgeva.
Quasi certamente sapeva cosa avveniva fuori dal suo paradiso terrestre, "tutti sapevano", eppure non avrebbe avuto comunque la possibilità di far qualcosa, la sua persona, nonostante tutto, aveva ben poca influenza.
Questa biografia, così splendidamente portata avanti dalla Lambert, mostra tutte le ambiguità, le fragilità e la forza di un personaggio femminile che diventò immagine speculare di una distopica visione.



Sono rimasta entusiasta dalle sue pagine che via via si voltavano molto più in fretta del solito, per le dettagliate ricostruzioni che la scrittrice è andata a scovare di persona nei luoghi citati, tra le persone allora in vita. Un panorama storico sotto cui non sono venuti meno (la storiografia si dimentica spesso di menzionarle a favore degli elementi più macabri), le organizzazioni che sfidando il proprio coraggio, hanno tentato di fermare il sistema; a dimostrazione che resistere fosse possibile³.
Stupisce invece la reticenza di una parte di tedeschi ancor'oggi risentiti di una colpa addossata a loro, tale da non soffermarsi troppo sul loro passato, quasi a cancellarlo nei ricordi come negli angoli delle città.
Mi sono chiesta quindi a fine lettura : perché leggere, conoscere, comprendere vicende o parti di storie e continuare ad approfondire personaggi dalle personalità ambigue e non certo da ammirare, invece di relegare tutto in una memoria lontana e inaccessibile per non far più male?

"A mia madre piaceva rievocare quelli che per lei erano stati i giorni felici e innocenti dell'infanzia e della gioventù. Le sue storie, che crescendo ho sentito narrare tante volte, si accavallano a quelle di Eva. Adesso vorrei solo aver chiesto di più e ascoltato con maggiore attenzione."
Angela Lambert (Introduzione al libro).

Ho trovato in questa affermazione la miglior risposta.



M.P.




¹ Hitler non volle mai sposarsi (solo nell'ultimo istante si decise), perché si sentiva votato alla Germania, tuttavia ne aveva paura. Nato da un rapporto incestuoso tra zio/nipote, nella sua famiglia erano presenti persone con dei ritardi mentali. Non avrebbe mai potuto sopportare un figlio problematico.
² Albert Speer (1095-1981), architetto e uno dei più fedeli accoliti di Hitler. Ai processi di Norimberga fu l'unico a pentirsi dei fatti accaduti (non si sa quanta finzione ci mise),e contrariamente ad altri imputati, gli fu risparmiata la vita ma venne condannato a vent'anni di reclusione nel carcere di Spandau, dove redasse gli appunti per le successive "Memorie del Terzo Reich".
³ Dalle donne tedesche che si radunarono sulla  Rosenstrasse per reclamare con veemenza i propri mariti ebrei, partiti per i campi di sterminio, riuscendovi, alla Swing Jugend, un gruppo di giovani appassionati di swing e jazz che attraverso la musica sbeffeggiavano i cardini del nazismo e come non citare Sophie Scholl (1921-1943), ragazza leader insieme al fratello Hans del gruppo clandestino della "Rosa Bianca", il cui scopo era quello di rendere pubbliche le atrocità di Hitler. Scoperti e dichiarati colpevoli, vennero messi a morte. Invece nessun ebreo bulgaro fu inviato nei campi di sterminio, grazie alla ribellione della popolazione.





Libro :

"La Donna che amò Hitler", A. Lambert, Rizzoli Storica 2006

Commenti

  1. Bellissima recensione, mi piacerebbe scovarlo e leggerlo. Comincia la caccia!
    Grazie

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    1. E' una biografia che mi ha dato molto, anche in termini storici.

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  2. Penso che dovremmo abituarci ad approfondire anche argomenti scomodi, superando l'idea che questo significhi approvare personaggi e vicende che non hanno nulla di ammirevole. In riferimento al Novecento, la reticenza è forse ancora forte, proprio laddove qualche appiglio alla memoria diretta può ancora esistere. Personalmente, trovo questo genere di ricostruzioni molto interessante, perché offrono una prospettiva inedita su questioni che i manuali di storia trattano in maniera rigida e canonizzata.

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    1. Infatti penso che andrebbero a rinforzare non solo le nostre conoscenze ma anche la nostra cultura e il nostro modo di pensare.

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  3. E' utile approfondire la conoscenza di un personaggio femminile così importante, proprio perché amò qualcuno che si dovrebbe solo odiare e mettere in un angolo, con l'etichetta di boia. Conosco poco Eva Braun, se non per le notizie che ne danno comunemente gli articoli e i libri su Hitler, ma mi ha sempre affascinato. Uno per quel motivo di cui ho detto prima, mentre ora, mentre guardo questo suo ritratto, mi sembra di scoprire nei suoi occhi una forza nuova, quella comune a tutte le donne, che non riescono mai a ricordare di avere. Uno spunto di lettura interessantissimo, per il mio nuovo Blog. Grazie!

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    1. Infatti dei personaggi scomodi si pensa sempre alle loro crudeltà, ma per l'oggettività storica non può essere così. Bisogna ricordare che se Hitler avesse mostrato il suo lato più oscuro, non avrebbe potuto prendere il potere. Era invece una figura affascinante, carismatica e un cavaliere con le donne. E' interessante il pensiero della Lambert quando dice che alcune persono possono rimanere turbati alla vista di un fiore colto nel pieni della bellezza ma magari non allo stesso modo turbati per una vita spezzata.

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  4. Sì, ci sono donne che hanno amato assassini e torturatori, e per quanto ci sembri incredibile o addirittura inverosimile, ciò è stato "normale" nella misura in cui come scrivi hanno visto l'uomo e non l'aguzzino.
    Insegno Storia alle medie e spesso mi capita di pensare che i testi in uso non si soffermano mai sui dettagli, quegli aspetti inediti, apparentemente secondari, di tanti eventi. Eva Braun e la sua devozione a Hitler ne rappresentano un esempio importante.

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    1. Hai pienamente ragione cara Luz, ho sempre pensato che la storia sia fatta da personaggi e non da eventi casuali, quindi si dovrebbe approfondire queste figure.

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  5. Se non ho compreso male, aldilà di una possibile (per quanto incredibile) infatuazione, Eva viveva soprattutto una situazione di infelice isolamento, costretta praticamente a stare nell'ombra. In ogni caso, credo che se ad un certo punto si fosse anche pentita delle sue scelte, lui non le avrebbe mai dato la possibilità di svincolarsi. Sono comunque curiosa di leggere questa biografia, stimolata anche dalla tua interessante presentazione.

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    1. Anche io mi sono fatta questa domanda... Ma c'è stato un momento in cui quando la Germania non aveva più nulla da perdere ormai, Hitler comandò ad Eva di restare al Berghof e non seguirlo nel bunker. Li Eva aveva la possibilità di fuggire, ritornare a casa dai suoi, e inoltre nessuno la conosceva bene, poteva passare indenne il corso della storia, ma lei decise caparbiamente di restargli al suo fianco, qualunque cosa accedesse.

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    2. Ecco, di questo dettaglio non ero a conoscenza. Resta allora da capire se sia stato vero amore o più che altro una fortissima idealizzazione. Ma forse questo non può affermarlo nessuno con certezza, neppure un biografo.

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    3. E' vero, scandagliare nell'animo di una persona del passato è quasi impossibile.

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