"Louisa May Alcott" di Martha Saxton


<<Louisa May Alcott aveva trentacinque anni quando, nella primavera del 1860, cominciò a scrivere Piccole Donne. Era una donna alta, dalle spalle forti, con gli occhi scuri e i capelli neri resi radi e canuti dalle malattie. Sembrava più vecchia della sua età. Non aveva mai vissuto un'infanzia e il fiorire della sua femminilità era stato stroncato dai malanni>>.

@Appuntario

Con l'ultima trasposizione cinematografica del suo capolavoro, Louisa May Alcott (1832-1888) ha riconquistato una nuova popolarità tornando ad essere ancora letta e discussa, forte anche dell'uscita di recenti pubblicazioni e di un moderno revisionismo letterario.
Per svariati decenni la sua figura è rimasta intrappolata nel didascalico settore di "scrittrice per signorine" e il suo "Piccole Donne" riposto troppo frettolosamente sugli scaffali dalla dicitura "letteratura per ragazzi"
Poco si è fatto per dare alla celebre autrice americana la sua non indifferente collocazione letteraria e storica, come poco si sono analizzati i suoi scritti, che dietro al piacevole moralismo nascondono diversi piani interpretativi che il film della Gerwig ha fatto coraggiosamente emergere.
Lo scorso anno la casa editrice Jo March ha dato alle stampe (per la prima volta in Italia) una delle più riconosciute biografie della Alcott, "Louisa May Alcott, una biografia di gruppo"¹ di Martha Saxton, curata e tradotta in modo lodevole da Daniela Daniele².
Il libro si tratta di una pubblicazione del 1977, dove Martha Saxton (1945) professoressa di storia specializzata  negli studi sulle donne in America, conscia del rinnovamento culturale e della spinta femminista che negli anni Settanta stavano prepotentemente sviluppandosi, ha voluto far luce su questa scrittrice a lungo annullata dal suo personaggio e alter ego, Jo March, e con leggerezza dimenticata in quella sequela di scrittori maschili che realizzarono socialmente e letterariamente il cosiddetto Rinascimento Americano.


La biografia segue cronologicamente la vita della Alcott inquadrandone la quotidianità nell'età vittoriana in cui si formò il movimento trascendentalista, capeggiato da Ralph Waldo Emerson (1803-1882), Henry David Thoreau (1817-1862), Bronson Alcott (1799-1888), sorto nel clima culturalmente aperto di una Boston vivace e industrializzata.
Questo fu uno degli aspetti più influenti sulla sua crescita personale e professionale, tuttavia la figura della scrittrice non può essere estraniata dal contesto storico in cui visse. Se da una parte il trascendentalismo esaltò gli alti ideali di moralità e spiritualità (una stretta convivenza con la natura e il distacco da una esistenza pratica), la Alcott assorbì i nodi cruciali della seconda metà dell'Ottocento americano: la questione dello schiavismo, dei diritti delle donne, il dramma della guerra di Secessione. La Alcott fu al tempo stesso abolizionista, femminista (fu la prima del suo distretto ad ottenere il voto e negli ultimi anni partecipò a diverse conferenze) guardando come esempio ad Elizabeth Peabody (educatrice americana prima ad aprire un asilo nido) e Margaret Fuller (la Mary Wollstonecraft americana) autrice del primo testo di rivendicazione femminile oltre oceano "La Donna del Diciannovesimo Secolo", poi infermiera volontaria durante la guerra.
A questa partecipazione sociale la Saxton ne individua i motivi letterari: tralasciando i romanzi che le diedero fama, si concentra su quelli minori e giovanili, più cupi e psicologici che ne rivelano il profilo ombroso e ribelle di una romanziera che ha sovvertito gli stereotipati ruoli di genere, attribuendo alle sue protagoniste caratteristiche di dominio maschile e riservando ai personaggi maschili connotazioni femminili. Tutti i lavori prima di "Piccole Donne" e a partire da "Mutevoli Umori" vertono su questo altalenante scontro dei sessi.
Ma l'immagine che la Saxton tiene a mostrare al lettore è, contrariamente a quella romantica, quello di una donna preda di depressioni e aspirazione mancate, dal tormento della malattia provocata da un avvelenamento da mercurio durante il servizio in ospedale, che la relegò prima della morte su di un letto, dalla sua ambigua posizione di nubile e unico sostentamento economico per la famiglia, con la mano rattrappita dall'incessante scrivere a rincorrere una piena indipendenza e libertà dai vincoli famigliari.
Raccontando fatti e aneddoti poco noti, che certo faranno piacere agli ammiratori delle vecchie generazioni, il libro apre anche ai ritratti delle persone che circondarono la Alcott, meritevoli ognuno di un biografia a parte, il padre, la madre Abba "Marmee", la sorella pittrice May, confluendo in un affresco corale e famigliare.

La Saxton (vincitrice con questo libro del "Boston Globe Book Prize") ha svolto la sua indagine biografica usufruendo solamente delle lettere e diari personali della famiglia Alcott, sparsi nelle varie biblioteche universitarie degli Stati Uniti.
Anche per questo non sono riuscita ad apprezzare pienamente l'opera, dove la ricerca si basa su fatti soggettivi ed incompleti, come approssimativa è la stessa osservazione storica e del costume del XIX secolo: non è presente quella genialità del ricostruire un'epoca partendo da uno studio e un'analisi sul campo, dei luoghi, del tempo e delle testimonianze esterne e successive, assemblare episodi scevri di circostanze e supposizioni; tutti elementi in cui la letteratura inglese ed italiana hanno difatti in questa materia il loro primato. Avrei preferito più accuratezza nelle fonti e una attenzione maggiore alla bibliografia.
Il libro risente troppo dell'età in cui è stato scritto, tanto che la rivendicazione femminista giunge a schiacciare la Alcott come una figura da psicanalizzare, scavandone negli impulsi e nei conflitti inconsci ed intimi, tracce prive di attendibilità oltre che di una vera curiosità da parte di un lettore moderno. 
Non va meglio sull'esposizione delle opere, per cui "Piccole Donne" viene descritto con la misura di "un romanzo di fortuna" steso dal padre della scrittrice, dove i diversi generi intrapresi non vengono visti come facce della stessa medaglia, un processo di sperimentazioni ma approfonditi in base a dati unicamente  privati.
Se Jo March esce sconfitta dal confronto della sua creatrice, anche quest'ultima tuttavia si perde in una immagine fin troppo buia e desolata, di donna perché sottomessa, di scrittrice perché depressa. Il risultato della biografia è un quadro ambiguo, contraddittorio e mancante.
Auspicherei una biografia libera dai lacci stessi della scrittrice, dai preconcetti del nostro tempo e veramente moderna ed equa come quelle che si stanno scrivendo oggi sulla Austen o sulla Woolf.
L'unica nota di valore che vi ho trovato è nella rappresentazione di quella dolorosa lotta che ha sempre visto le donne barcamenarsi nella ricerca della stanza tutta per sè, dove includere la propria autonomia e  indipendenza economica capace integrare i ruoli di figlie, mogli e madri.



M.P.




¹ "Louisa May Alcott. A Modern Biography".
² Curatrice e traduttrice per l'edizioni Einaudi  "Piccole Donne" ("I Quattro Libri delle Piccole Donne").




Libro:

"Louisa May Alcott", M.Saxton, Jo March



Commenti

  1. Sono una ex bambina degli anni '80 che, manco a dirlo, ha adorato Piccole Donne. Negli anni, non ho mai avuto occasione di rileggerlo, perciò il "sapore" del libro resta per me quello che aveva avuto nelle infinite riletture d'infanzia. Mi è capitato, saltuariamente, di vederlo recensito in alcuni blog, che però lo bollavano frettolosamente come "antico" , "superato" e "antifemminista".
    Sono curiosa, a questo punto, di rileggerlo anch'io con l'occhio anziano della quarantenne che sono diventata, per capire se davvero non è possibile percepirvi nulla di moderno.
    Vedendo questo post mi ero incuriosita perchè speravo di trovare il consiglio di una buona biografia che mi consentisse di conoscere meglio la Alcott sul piano personale, ma da quanto leggo ahimè resterei delusa.
    Davvero quindi devo rassegnarmi all'idea che la Alcott non fosse che una donna scialba e depressa e la sua opera un romanzetto da ragazzine?
    Onestamente non mi sembra che ci sia tanto accanimento con altri "classici", a parte forse con il Libro Cuore.
    Concordo con te che, forse, per questa autrice è ancora troppo forte il pregiudizio, che finisce per condizionare anche chi propone di indagare e illustrare la sua vita privata.
    Speriamo che abbia più fortuna in futuro e che qualcuno, come scrivi giustamente tu, le conceda un'autobiografia più autentica, come per Austen e Woolfe.

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    1. Ciao Letizia, anch'io sono stata una ex bambina degli anni '80 e "Piccole Donne" e soprattutto Louisa May Alcott ha rappresentato per me moltissimo, sia per avermi aperto alla lettura sia perché ho assorbito gran parte di quel mondo che come dici tu rimane nella mente e nel cuore di ogni ex bambino/a.
      La Saxton ha ideato bene di scrivere una biografia che andasse oltre l'ideale romantico di una Louisa/Jo scandagliando la vita di una figura in realtà complessa (letteraria, storica, sociale), arrivando però ad annullare la donna e la scrittrice. Poi di una biografia io pretendo tantissimo: una accurata ricostruzione storica, politica, della vita quotidiana e una copiosa documentazione di fonti e bibliografie che qui non ci sono. Le lettere e i diari sono dei dati soggettivi e che possono essere travisati.

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